Le British Islands mediterranee, analisi storico comparatistica di un laboratorio di ingegneria costituzionale

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ABSTRACT

Il presente lavoro intende analizzare, in chiave comparatistica, le esperienze costituzionali di diverse isole mediterranee, Corsica, Malta, Sicilia e Isole Ionie che fra Sette e Ottocento, si trovarono sotto l’influenza della corona inglese ed ebbero la possibilità di trasformarsi in autentici “laboratori di ingegneria costituzionale”. In essi il legislatore britannico sperimentò forme ed istituti di governo, tanto a livello locale quanto a livello centrale nonché differenti modelli amministrativi e giurisdizionali che contraddistinsero in modo originale ogni differente esperienza costituzionale.

Nel dettaglio si propone un focus comparatistico tra la Costituzione del Regno Anglo – Corso del 1794 la cui redazione avvenne sotto l’egida di Lord Elliot e controfirmata dai patrioti Pasquale Paoli e Carlo Andrea Pozzo di Borgo; la Costituzione siciliana del 1812 redatta materialmente, dai capi del partito liberal riformista siciliano, i principi di Castelnuovo Carlo Cottone, di Belmonte Giuseppe Ventimiglia e l’abate Paolo Balsamo, dietro protezione dell’allora plenipotenziario inglese sull’isola Lord Bentinck; la British Crown Colony Constitution di Malta del 1813 per opera di Lord Maitland, la quale sancì ufficialmente il protettorato sotto forma di colonia dell’arcipelago maltese, status perdurante sino alla 1964; la Costituzione degli Stati Uniti delle Isole Ionie risalente al 1817 ideata  dallo stesso Lord Maitland che permise all’Eptaneso, fino a qualche anno prima sotto il dominio veneziano, di rendersi indipendente pur rimanendo sotto protezione britannica fino al ricongiungimento nel 1864 con il Regno di Grecia.

Il tratto comune e caratterizzante queste quattro Carte è sicuramente la struttura su cui poggiano, volta alla costruzione di un moderno Stato democratico con la tripartizione montesquieliana che veniva accompagnata dai dogmi liberali inglesi a farne da capi saldi.

Il Regno Unito infatti perseguiva una precisa politica, tramite la conquista delle British Islands mediterranee, di assoluta contrapposizione nei confronti dell’espansionismo napoleonico che in quegli anni era fonte di enormi stravolgimenti nel continente europeo e non solo; pertanto l’azione inglese è da inquadrare come utile strumento volto non solo a contrastare la Francia in ambito squisitamente militare ma parimenti sul piano politico e dottrinale.

Per esemplificare risultano assai valide le parole dell’allora capo del Foreign office Lord Castlereagh: […] a total war against the French arms and French principles. Proprio nell’espressione total war risiede lo spirito di avversione della politica britannica di allora che vedeva nel bonapartismo, infiammato dai dettami prodromici rivoluzionari francesi, il nemico politico, giuridico e militare stricto sensu per eccellenza; non da ultimo questo “blocco insulare” costituito dagli inglesi nel Mediterraneo assumeva vitale importanza nel garantire la sicurezza e il predominio delle rotte commerciali all’Impero, le quali spaziavano dal vicino Oriente fino all’India.

Il presente contributo agisce nel quadro di condurre un tentativo di indagine, attraverso una fondamentale e interessante comparazione storico – giuridica, del pressoché ignorato tema di tali esperienze costituzionali nel Mediterraneo; pertanto si intende fare luce su quali siano state le reali motivazioni che spinsero la corona britannica, direttamente o indirettamente, ad esportare il proprio sistema di governo liberale in preziosi quanto reconditi angoli d’Europa che fino ad allora erano stati governati attraverso il più puro assolutismo monarchico.

Introduzione

Il presente lavoro si pone l’obbiettivo di effettuare un focus circa la comparazione storico giuridica delle così dette “costituzioni inglesi” che si sono susseguite in un periodo ben circoscritto che va dal 1794 al 1818 nelle British Islands mediterranee. È proprio in questo arco temporale che la Corsica, la Sicilia, Malta e le isole Ionie si trovarono legate da un chiaro disegno politico che il Regno Unito stava attuando per il controllo del mare nostrum; un autentico sistema che potremmo definire come “talassocratico” in cui l’influenza militare esercitata per mezzo della Royal Navy si andava a fondere con la volontà politica di esportare in queste preziose isole gli istituti di governo della non scritta costituzione britannica.

Tale idea di un Mediterraneo unito sotto la Corona di Sant’Edoardo è da inquadrare come utile strumento volto a contrastare la Francia di Napoleone non soltanto in ambito squisitamente militare ma parimenti sul piano politico e dottrinale; il “blocco insulare” architettato dal Foreign office di Lord Castlereagh era frutto della consapevolezza che nel Mediterraneo assumeva vitale importanza garantire la sicurezza e il predominio delle rotte commerciali all’Impero, le quali spaziavano dal vicino Oriente fino all’India.

In detto contesto, l’English Constitution costituì un deposito di prassi ed istituti da utilizzare nel dibattito politico-istituzionale per poi passare ad una loro attivazione nel concreto; superando così la funzione fino ad allora imprescindibile, in queste isole divenute autentici laboratori costituzionali, del diritto romano da sempre privilegiato oltreché per motivi storico culturali anche per la sua ratio scripta.

Dalla Costituzione del Regno Anglo-Còrso alla Costituzione siciliana di Lord Bentinck

La storia della Costituzione anglo-còrsa del 1794, su cui questo lavoro intende articolarsi, affonda le proprie radici quasi quarant’anni prima con la così detta costituzione paolina del 1755[1]; il promotore ed ispiratore politico-giuridico fu il patriota còrso Pasquale Paoli, essa veniva concepita come una reazione al regime dispotico antecedentemente instaurato dalla Repubblica di Genova sull’isola. Il testo di questo esperimento costituzionale, la cui durata andava del 1755 fino all’arrivo dei francesi nel 1769, aveva permesso di gettare le basi per una nuova realtà giuridica soprattutto per ciò che concerneva la forma di governo e l’ordinamento processuale; in particolare il testo paolino si caratterizzava per un’ispirazione dei diritti in senso comunitaristico, piuttosto che individualistico[2].

Questo indispensabile e breve preambolo fa da cornice alla seconda esperienza costituzionale còrsa avvenuta a rivoluzione francese iniziata (1794) e con il ritorno sull’isola del generale Paoli[3]. Importante è sottolineare che facendo un rapido excursus temporale tra le due costituzioni si assistette ad un cambio di dominatori, in quanto gli isolani riusciti a liberarsi del mal sopportato dominio genovese caddero in un nuovo ovvero quello francese[4]. Gli anni che seguirono videro crescere le tensioni sull’isola, dove ai rivoluzionari s’opponevano i controrivoluzionari, creando così uno stato di tensione e polemica permanente, senza tuttavia sfociare in scontri sanguinosi.

La vittoria giacobina in Francia e il conseguente avvio del periodo di terrore nel 1793, con il ghigliottinamento di Luigi XVI segnarono la svolta anche per la Còrsica; in seguito al fallimento di una spedizione guidata dal giovane Napoleone tesa a conquistare la Sardegna, sulla quale Paoli aveva espresso perplessità, si venne a creare un gruppo di notabili che proponeva l’estensione del regime giacobino sull’isola e che desiderava liberarsi dell’ormai anziano Bàbbu (padre della patria) della nazione còrsa.

Si giunse così, nell’aprile 1793 all’emissione a Parigi di un decreto di arresto contro Paoli per intelligenza con il nemico. La risposta del generale non si fece attendere e raggruppando attorno a sé i propri partigiani e contrattaccò i giacobini alla Consulta tenuta in maggio dello stesso anno a Corte, rifiutando di sottomettersi alla Convenzione nazionale[5].

Dichiarato fuorilegge in luglio, Paoli rispose statuendo la secessione della Corsica dalla Francia e chiedendo soccorso ai britannici, in quel momento stavano approfittando del caos sul continente, riuscì ad avere un prezioso alleato dalla sua parte. Non è un caso che Paoli si rivolse al Regno Unito per avere sostegno alla causa di indipendenza còrsa, il suo precedente esilio londinese aveva permesso di intessere importanti legami politici nei circoli liberali inglesi e di contro il Foreign Office non perse occasione per contrapporsi agli interessi francesi[6].

Così per mezzo di un blocco navale cui venne sottoposta l’isola il regime giacobino si vide in forte difficoltà nel mantenere la stessa; in concomitanza a ciò le fortezze costiere controllate dai francesi vennero attaccate dall’ammiraglio Nelson, e in breve tempo caddero una dopo l’altra.

Scacciati i giacobini si potevano finalmente gettare le basi per la proclamazione da parte della Consulta Generale di Corte di qualsivoglia rottura dei legami politici e sociali che univano e la Corsica alla Francia[7]; la data solenne di proclamazione della Costituzione è quella del 19 giugno 1794.

Più complessa della precedente, la nuova Costituzione prefigurava la Corsica come un protettorato personale del re di Gran Bretagna, ma essa veniva dotata di larga autonomia, realizzando un’originale struttura istituzionale sintesi di parlamentarismo alla britannica, riformismo illuminato e indipendentismo còrso. Nella realtà dei fatti quanto disposto dalla Carta restò largamente lettera morta, dovendo considerare il fatto che la Gran Bretagna, in guerra contro la Francia, non aveva assoluta intenzione di limitarsi nell’esercizio di un protettorato poco più che simbolico, così come previsto all’interno del Testo, su un’isola tanto importante per la realizzazione e il rafforzamento delle proprie mire imperiali.

Il generale Paoli, il quale aveva sperato di ricoprire la carica di viceré, vide invece assegnata la carica diplomatico britannico Sir Gilbert Elliot I conte di Minto[8]. Il Bàbbu della Nazione sentitosi tradito dagli accordi in precedenza presi con il Foreign Office, vide sfumare così tanto le ambizioni personali, quanto quelle di avere, finalmente, realizzato il suo sogno di una Corsica libera e indipendente.

La costituzione che diede vita al Regno Anglo-Còrso, come la precedente scritta in italiano, pur importante dal punto di vista legislativo, rimase in buona parte inattuata, dando origine a crescenti malumori tra gli isolani; Paoli, sostenuto dai molti notabili che si sentivano messi da parte dal governo inglese, iniziò apertamente ad opporsi al vicerè Elliot, fin quando re Giorgio III in persona gli ordinò di recarsi a Londra.

Giuntovi nell’ottobre 1795, l’eroe còrso si trovò definitivamente in un contesto di esilio forzato in terra inglese; nel frattempo nell’ottobre 1796 i britannici evacuarono la Corsica, che fu rioccupata quasi senza combattimenti dai francesi dell’Armata d’Italia, guidata da Napoleone, che provvide subito a dividerla in due dipartimenti anche allo scopo di indebolirne l’unità e quindi scongiurare nuove sollevazioni.

Il compito di difendere la Sicilia da una possibile invasione francese e di tutelare gli interessi britannici nel mediterraneo fu affidato, nel 1811, a Lord William Bentinck figlio secondogenito del III duca di Portland, William Cavendish Bentinck, politico whig e già prime minister del Regno Unito dal 1807 al 1809[9].

Bentinck era un diplomatico plenipotenziario e comandante della flotta di Sua Maestà nel Mediterraneo, l’incarico di essere la longa manus degli interessi del Regno Unito gli pervenne per decisione del capo del foreign and commonwealth affairs in persona ovvero Richard Wellesley, fratello del più noto duca di Wellington,  che ben conosceva le capacità di Bentinck già mostrate durante la sua esperienza nel 1806 come governatore di Madras in India, e più di recente, nel 1809, durante la campagna bellica contro le truppe Napoleoniche nella penisola Iberica; l’allora capo del governo britannico Sir Spencer Perceval, di orientamento tory, nonostante Lord Bentinck fosse figlio di un suo nemico politico nutriva grandi aspettative su di lui[10] e su come potesse condurre l’Isola verso quelle riforme, necessarie, per un rapido sviluppo della stessa passando in primis dalla creazione di una Carta fondamentale siciliana che raccogliesse le istanze e le speranze del suo popolo tale da poter far sviluppare una concordia civitas inebriata delle illuministiche idee di inizio secolo, come la tripartizione montesqiueliana del potere, unite al tipico conservatorismo parlamentare e libertario di marca britannica.

L’operato di Lord Bentinck in Sicilia è da considerarsi come quello di un vero e proprio “dittatore illuminato”, egli era infatti profondamente convinto che l’Isola potesse rappresentare un vero e proprio laboratorio politico ove sperimentare idee filosofiche, politiche ed amministrative che in quegli anni erano oggetto di dibattiti a Westminster nella Camera dei comuni.

Il plenipotenziario inglese fin da subito intuì viaggiando per la Sicilia la sua enorme ricchezza naturale, l’abbondanza e la generosità della terra; capì che oltre alla strategica posizione, al centro del Mediterraneo, l’Isola offriva molto altro ancora[11].

I baroni siciliani appoggiarono fin da subito il Lord inglese, in funzione antiborbonica tale apporto fu così determinante che i continui scontri politici tra la corte napoletana, riparata a Palazzo dei Normanni, da un lato e Lord Bentinck con i baroni dall’altro provocarono all’inizio del 1812 l’allontanamento di Re Ferdinando da Palermo che ritirandosi nella casina di caccia di Ficuzza nell’entroterra, fu costretto a nominare il suo giovane figlio Francesco come reggente.

Il più grande sostenitore della politica inglese era Giuseppe Ventimiglia, principe di Belmonte[12] che in precedenza proprio per l’aspro scontro con la corte napoletana era stato rinchiuso nel carcere di Favignana insieme allo zio materno ed insigne oratore Carlo Cottone, principe di Castelnuovo, e altri 43 esponenti dell’aristocrazia isolana e liberato, con grazia sovrana, per intercessione dello stesso Lord Bentinck.

La reggenza, meramente nominale di Francesco, lasciò campo libero alla formazione di un vero e proprio “partito” filo britannico, intorno alle figure di Lord Bentinck e del principe di Belmonte; per la prima volta nella storia, l’Isola aveva un Governo il cui compito principale era quello di redigere ed emanare una Carta fondamentale siciliana; il Governo era composto dai più insigni giuristi e politici dell’epoca i quali erano tutti ferventi sostenitori del così detto “partito inglese”, il nome deriva dal fatto che  lo spirito che guidava i costituenti nel redigere questa costituzione era quello di non stravolgere totalmente l’assetto politico istituzionale, l’istituto monarchico ad esempio sarebbe rimasto, esistito sino ad allora ma bensì di correggerne gli aspetti dispotici, assolutistici e di condurlo verso i dettami liberal della non scritta Costituzione inglese[13].

A riprova di ciò non erano pochi i giuristi e i politici, tra tutti il Principe di Belmonte, sul parallelismo dei caratteri politici e delle radici costituzionali, dottrinali e filosofiche comuni tra Sicilia e Inghilterra, ce guardavano alla medesima origine normanna di entrambe le Nazioni;  nel 1816 com’è noto si giunse alla creazione del Regno delle due Sicilie che durerà fino alla rivoluzione siciliana del 1848 prima e alla spedizione “dei mille” poi, conclusasi con il plebiscito unitario del 1861.

L’istituzione della British Crown Colony a Malta e la Costituzione delle Isole Ionie

Fino al 1798 l’importante arcipelago delle isole maltesi era stato governato dall’Ordine Gerosolimitano di San Giovanni di Gerusalemme, nel 1803 però lo stesso aveva stabilito una sua nuova sede a Catania, in quanto Napoleone Bonaparte cinque anni prima si era impossessato delle isole, sulla quali i cavalieri governarono ininterrottamente dal 1530 come feudatari per concessione del Re di Sicilia[14].

Ben presto però i maltesi si ribellarono al dominio francese e dopo un paio di mesi invocarono ed ottennero l’aiuto alla Gran Bretagna.

Durante la rivolta contro i conquistatori francesi, la popolazione formò un’Assemblea Nazionale che assunse i poteri di vero e proprio governo provvisorio dell’arcipelago. Furono inviati messaggi d’aiuto alla flotta britannica di stanza in Sicilia affinché intervenisse e ciò accade grazie all’invio di un convoglio britannico composto da tredici vascelli cutter da guerra sotto il comando del capitano Sir James Saumarez. Quest’ultimo apparve al largo delle coste melitensi alla fine del settembre 1798.

Nell’ottobre dello stesso anno giunse, sbarcando, nei pressi del villaggio di Qrendi con truppe terrestri, il capitano Sir Alexander Ball[15]. In una lettera rivolta a quest’ultimo il celebre ammiraglio Horatio Nelson così si esprimeva circa la situazione dell’affaire maltese:

“…Per quanto riguarda la situazione di Malta con il Re di Napoli, è questa – egli è il legittimo Sovrano dell’Isola: pertanto, sono del parere che la sua Bandiera debba sventolare. Allo stesso tempo, una guarnigione napoletana la tradirebbe al primo tentativo di corruzione. Sono sicuro che il Re non avrebbe difficoltà a cedere la sua Sovranità all’Inghilterra; e di recente, con Sir William Hamilton, ho ottenuto una nota secondo la quale Malta non dovrebbe mai essere ceduta a nessuna Potenza senza il consenso dell’Inghilterra…. P.S. – In caso di resa di Malta, vi prego di non fare nulla che possa ferire i sentimenti delle loro Maestà. Unite la loro bandiera a quella dell’Inghilterra, se questa non può, per disposizione degli isolani, sventolare da sola“.

Le forze insurrezionali anglo-maltesi costrinsero i francesi al comando del generale Claude-Henri Belgrand de Vaubois a ritirarsi nella cittadella fortificata della capitale La Valletta e nelle Tre Città intorno al Porto Grande. Nell’ottobre 1800 cadde l’isola di Gozo, dove il comandante francese si arrese con i suoi 217 uomini al capitano Ball. Con le forze del generale Vaubois assediate a La Valletta, le navi del capitano Ball continuarono il blocco.

Nel febbraio 1799, gli insorti maltesi, avendo perso le speranze in un intervento di re Ferdinando III, chiesero al capitano Ball di presiedere l’Assemblea Nazionale. Egli cambiò il nome a quest’ultima con uno più istituzionale come “Congresso Nazionale” e si dichiarò capo del governo. A marzo, il Congresso si appellò al re Giorgio III affinché assumesse la propria sovranità su Malta, ma dal ministero di Pitt non giunse alcuna risposta.

Al contempo la guarnigione francese, affamata, ricevette un piccolo sollievo all’inizio di febbraio del 1799; in quanto fregata La Boudeuse superò il blocco ed entrò nel Grand Harbour, essa fu l’ultima nave a rifornire Vaubois e i suoi uomini. Il 1° novembre 1799 Nelson si trovava al largo di La Valletta a bordo della Foudroyant. Vaubois, che sperava ancora in un aiuto da parte della Francia, rifiutò bruscamente una nuova richiesta di resa. Vaubois scrisse: “Consapevoli di essere degni del rispetto del vostro Paese, come voi lo siete del nostro, siamo decisi a difendere questa fortezza fino all’ultimo“.

Nelson ordinò a Ball di prendere il comando delle forze maltesi circa 2.000 truppe insieme a circa 1.500 irregolari, non pagati, mal equipaggiati e piuttosto affamati. Re Ferdinando, che era molto provato, accettò di confermare Ball come governatore di Malta. Il generale Vaubois attese invano i rifornimenti per poi capitolare, il 4 settembre 1800, inviando un emissario per trattare la resa al generale britannico Henry Pigot.

Risale all’agosto del 1801 la nomina da parte del Commissario Civile Charles Cameron, di Emmanuel Vitale come Governatore delle isole di Gozo e Comino al posto di Saverio Cassar; questo evento pose fine alla larga autonomia che la piccola isola nel frattempo si era ritagliata in quanto gli abitanti invocavano il ritorno dell’arcipelago sotto il dominio del re di Sicilia[16].

Secondo quanto stabilito dal Trattato di Amiens del 1802 le forze inglesi avrebbero dovuto evacuare l’isola secondo i termini dello stesso, ma la strategica posizione al centro del Mediterraneo indusse i britannici a non rispettare quest’obbligo[17].

Proprio nel giugno 1802, cento quattro rappresentanti delle città e dei villaggi maltesi firmarono una dichiarazione intitolata La Dichiarazione dei Diritti degli abitanti delle Isole di Malta e Gozo, con la quale proclamavano Giorgio III come loro re e che non aveva il diritto di cedere Malta a un’altra potenza.

Con la Dichiarazione proclamarono anche che Malta avrebbe dovuto autogovernarsi mentre era sotto la protezione britannica. Pertanto divenne “volontariamente” un protettorato britannico acquisendone uno status de facto ma non de jure.

Questo status perdurò sino al 1813 quando l’isola fu trasformata in una colonia della Corona britannica con la Costituzione di Bathurst. Il 23 luglio Sir Thomas Maitland sostituì Sir Hildebrand Oakes e fu il primo Commissario Civile a ricevere il titolo di “Governatore” di Malta. In seguito l’arcipelago divenne ufficialmente una Colonia di S.M. britannica con il Trattato di Parigi del 1814 e in seguito la sovranità inglese sulle isole venne confermata anche durante il Congresso di Vienna del 1815[18].

Immediatamente dopo la dissoluzione della Repubblica di Venezia, l’Impero britannico manifestò un interesse di dominio per le Isole Ionie.

L’intento di conquista inglese dell’arcipelago nel Mar Ionio è mosso, ancor prima dell’apertura del Canale di Suez, da ragioni geo-strategiche, politiche ed economiche[19]. Chi possedeva queste piccole isole nel Mediterraneo si garantiva una preziosa base navale da cui controllare le rotte marittime verso l’Adriatico, principalmente attraverso Corfù, e l’Oriente, via Cefalonia e Zante. Quando i britannici acquisirono le Isole nel 1815, la restaurazione Viennese ne avallò il protettorato, aggiunsero un altro importante tassello al loro sistema di basi navali che includeva già la rocca di Gibilterra e l’isola di Malta[20].

Questo “blocco insulare” costruito dagli inglesi nel Mediterraneo assumeva vitale importanza nel garantire la sicurezza e il predominio delle rotte commerciali all’Impero, le quali spaziavano dal vicino Oriente fino all’India.

Motivo ulteriore che indusse il Foreign Office al controllo dell’Eptaneso ionio derivava dal fatto che quest’ultimo si trovava a ridosso dell’Impero Ottomano, costituendo pertanto l’ultimo baluardo del cristianesimo e della civiltà occidentale nella regione. Gli inglesi, garantendosi il dominio sull’arcipelago, ebbero l’opportunità di osservare da vicino ciò che stava accadendo nelle terre della Sublime porta, in un periodo durante il quale la “questione orientale” era in piena evoluzione[21].

Per ciò che riguardava l’aspetto economico, le isole non solo offrivano agli inglesi risorse naturali, specialmente agricole, ampiamente sfruttabili ma soprattutto un nuova e sicura via commerciale per i mercati del Levante ai loro prodotti industriali.

Inoltre è bene ricordare come i mercanti britannici vennero facilitati nelle loro transazioni da una tariffa doganale favorevole, che gli consentiva di importare prodotti industriali con una tassa che andava dal 2% al 7%, nettamente inferiore rispetto alla concorrenza locale, la quale pagava dazi per l’esportazione pari al 19,5%[22].

La presenza britannica nell’Eptaneso venne discussa alla Conferenza di Vienna nel 1815 e fu in seguito formalizzata quello stesso anno con il Trattato di Parigi; in tal modo le Isole Ionie furano dichiarate “uno stato unico, libero e indipendente, sotto la denominazione degli Stati Uniti delle Isole Ionie […] e sotto l’immediata ed esclusiva protezione di Sua Maestà il Re di Gran Bretagna[23].

L’organizzazione amministrativa prevedeva come figura apicale della Nazione un Lord Alto Commissario, di nomina regia su proposta del Foreign Office, il quale come primo atto doveva avere la responsabilità della convocazione di una Assemblea costituente così da poter redigere una nuova Carta costituzionale di cui la neonata entità statale doveva dotarsi[24].

L’organo costituente venne formato dai più importanti esponenti dell’aristocrazia d’origine veneta che aveva sino ad allora dominato la scena politica locale ed inoltre, secondo il trattato di Parigi, gli inglesi si riservarono la facoltà di mantenere una guarnigione militare nelle isole così come il diritto di intervenire negli affari interni dello Stato[25].

Venne nominato primo Lord Alto Commissario Thomas Maitland, fino ad allora comandante delle forze britanniche nel Mediterraneo e governatore di Malta; figlio secondogenito del VII conte di Lauderdale era un esperto militare nonché veterano di Waterloo, possedeva notevoli capacità amministrative che utilizzava con decisionismo e fermezza.

Il primo atto commissariale di Lord Maitland fu quello di convocare l’Assemblea costituente, nell’aprile del 1817, così come era previsto secondo i termini del Trattato di Parigi. Dopo aver neutralizzato la locale opposizione liberale, avversa ad un eccessivo dominio inglese, il 26 agosto 1817 riuscì a imporre il suo progetto costituzionale facendolo votare ed in seguito, il 28 dicembre del medesimo anno, approvare dall’Assemblea.

L’entrata in vigore della Carta venne fissata per il 1 gennaio 1818 ed essa si ispirava ai princìpi democratici di chiara matrice britannica, di cui Lord Maitland si faceva promotore, mitigati però dagli interessi economici e militari che il governo di Londra desiderava tutelare per mezzo delle Isole Ionie[26].

La Costituzione degli Stati Uniti dell’Eptaneso ionico si presentava come un testo con i poteri statuali in condivisione con il Regno Unito, il quale riservava per se la facoltà di operare sostanziose ingerenze sia in tema di politica interna che estera; pertanto la neonata Repubblica seppur de jure poteva godere di una indipendenza riconosciuta anche a livello internazionale, de facto versava in uno stato di sovranità limitata sancendo pertanto un vero e proprio protettorato britannico.

Il Testo si articolava in VII capi, ripartiti in diverse sezioni ed a loro volta comprendenti numerosi articoli; la struttura su cui poggia lo stesso è, parimenti a quanto proposto nelle altre British Islands del Mediterraneo, volta alla costruzione di un moderno Stato democratico con la tripartizione montesquieliana e i dogmi liberali inglesi a farne da capi saldi.

La Carta fondamentale venne redatta in due versioni utilizzando le lingue italiana e inglese, la prima come segno evidente del retaggio veneziano e la seconda per via del protettorato appena instauratosi nell’arcipelago. La lingua greca, pur venendo riconosciuta come lingua ufficiale, non venne utilizzata in quanto l’élite sociale e politica componente l’organo costituente soleva utilizzare il più aulico italiano[27].

L’Impero britannico mantenne il controllo dell’Eptaneso sino al 1864, anno in cui venne firmato il trattato di Londra che sanciva il passaggio dell’arcipelago al Regno di Grecia, venutosi a creare nel 1832 dopo la vittoria ellenica nella guerra d’indipendenza ai danni dell’Impero ottomano.

Il perché di un così tardivo ricongiungimento con Atene è da ricercare in molteplici motivi tra i quali politici, militari ed economici. L’interminabile contrapposizione tra Francia e Regno Unito, ingigantita dal periodo napoleonico, aveva fatto sì che le Isole divenissero di enorme importanza per la Corona britannica. Venuto meno il pericolo francese, gli inglesi individuarono nella causa nazionale greca la principale ragione, certamente non la sola, del mantenimento dei boots on the ground.

Come visto quella degli Stati Uniti delle Isole Ionie è sicuramente una esperienza costituzionale singolare, marcatamente aristocratica frutto di una precisa scelta, da parte dei protettori britannici, di dotare le Isole di uno Testo che fosse portatore di tutti i dogmi illuministici ma che al contempo questi venissero mitigati dal conservatorismo liberale squisitamente inglese.

Parimenti a quanto accadeva nelle altre isole mediterranee sotto il british rule, anche l’Eptaneso è da considerarsi un autentico laboratorio politico nel quale sperimentare le teorie politiche e costituzionali[28].

Una Costituzione trilingue e per tale ragione anche la prima ad essere scritta in greco, seppur successivamente, la quale ebbe un’attenzione particolare nella costruzione dello Stato ionio; questo fece sì che venne usata ogni accuratezza per permetterne il più armonioso sviluppo, anche se appare doveroso rammentare che negli anni si ebbero comprensibili istanze locali di una riunione con la madre patria Grecia specie dopo l’indipendenza.

Se di accuratezza possiamo parlare lo si deve senz’altro all’abile Lord Maitland, autentico architetto costituzionale, che seppe districarsi tra molteplici insidie sforzandosi nell’allineare il più possibile il Testo alla realtà politica, sociale e culturale della nuova epoca del liberalismo costituzionale che tutta l’Europa stava vivendo in quegli anni. 

Ciò che rimane di questa esperienza è che la garanzia rappresentata dal protettorato dell’Impero di Sua Maestà che congiuntamente alla Costituzione di Maitland permise ad un estremo lembo di terra ellenica e ortodossa di sopravvivere e passare alla storia come un’isola felice; divenendo, su scala, una piccola Grecia dotata di un governo moderno ed efficiente accanto ad un’altra Grecia, più grande e sottomessa al dominio dispotico ed assolutista dei Turchi.


* L’Introduzione è stata stilata congiuntamente; Dalla Costituzione del Regno Anglo-Còrso alla Costituzione siciliana di Lord Bentinck è stato scritto da Agostino Zito; L’istituzione della British Crown Colony a Malta e la Costituzione delle Isole Ionie da Luigi Provini.

[1] Deve il suo nome al suo estensore, il patriota Pasquale Paoli, essa fu la prima costituzione al mondo scritta secondo i principi dell’Illuminismo, e comprendeva la prima implementazione del suffragio femminile, rappresentando anche il primo esempio nella storia moderna di una Carta d’impronta democratica, precedente alle Costituzioni rivoluzionarie americane e francesi.

[2] Tale ispirazione si manifesta nel riferimento ai doveri, in particolare quelli connessi alla difesa della Patria, al corretto esercizio delle funzioni pubbliche e al rispetto delle regole giudiziarie attraverso il divieto di farsi giustizia da sé. La Costituzione assegnava alla figura del generale Paoli un ruolo particolare, paragonabile per certi versi, vista la situazione di guerra perdurante, a quella di un dittatore nell’antica Repubblica romana, affiancato da un Consiglio di Stato elettivo che rispondeva ai princìpi di collegialità e di rotazione, seguendo uno schema che traeva la sua ispirazione dal modello comunale sorto in Italia. Si trattava quindi di una sorta di dispotismo illuminato, ove la massima autorità era sottoposta al controllo assembleare e votata a un’azione riformatrice ispirata dallo spirito dei lumi.

[3] Nella primavera del 1790 Pasquale Paoli giunse a Parigi, accolto con estremo calore da quanti, incluso Robespierre, ne avevano ammirato le gesta da oppositori dell’assolutismo. Ricevuto da La Fayette e dal re, Paoli proseguì per la Corsica, ove fu accolto trionfalmente – malgrado 21 anni d’assenza – ed eletto comandante della Guardia nazionale e presidente del Direttorio del Dipartimento francese nel quale era inquadrata l’isola. Solo due anni prima, proprio da Parigi, Vittorio Alfieri aveva dedicato a Pasquale Paoli, “Propugnator magnanimo de’ Corsi“, la sua tragedia Timoleone. In questo periodo si collocano alcune lettere del giovane Napoleone I, che gli saranno più tardi cagione d’imbarazzo per avervi chiaramente espresso – allora – il suo sentirsi còrso e la sua ammirazione per Paoli, accostata al disprezzo per quanti s’erano venduti alla Francia anziché, come l’eroe còrso, scegliere la via dell’esilio.

[4]  Con il trattato di Versailles, si sancì la fine della rivendicazione dell’isola da parte di Genova, che riconobbe la Francia come possessore legittima dell’isola. Mentre i genovesi lasciavano per sempre l’isola, il governo francese avviò la campagna militare di conquista. In un primo tempo le truppe francesi furono duramente sconfitte a Borgo nell’ottobre 1768. Paoli, sperando così di guadagnarsi il rispetto della Francia, anziché finirli, lasciò in libertà i numerosi prigionieri francesi catturati. Alle sue vane speranze di una composizione favorevole del conflitto, rispose l’arrivo in Corsica, agli ordini del marchese de Vaux, di forze francesi ancora più ingenti e dotate di una potente artiglieria. La disperata ricerca d’aiuti internazionali da parte di Paoli non diede risultati di rilievo e così la campagna militare francese entrò nel vivo all’inizio di maggio del 1769, puntando direttamente verso il quartier generale còrso a Murato. Per sbarrare la strada all’attacco, Paoli mise in campo tutte le forze a disposizione, compreso un contingente di fanteria mercenaria tedesca. La battaglia decisiva si svolse il 9 maggio 1769 a Ponte Nuovo, ove le milizie còrse cedettero con gravi perdite alla potenza della superiore artiglieria delle forze francesi, che erano appoggiate da contingenti di còrsi assoldati dai notabili rivali di Paoli, prontamente passati al fianco dei futuri padroni dell’isola. Malgrado la sconfitta, i còrsi, per il coraggio dimostrato in battaglia, si guadagnarono l’ammirazione europea, specialmente presso gli intellettuali illuminati che vedevano in loro la prima sfida aperta all’Ancien Régime. Voltaire scriverà della battaglia sottolineando il valore dei còrsi che difesero il ponte, additandoli come esempio di eroica rivendicazione della libertà, mentre James Boswell, nel suo Account of Corsica, già aveva paragonato Paoli ad un novello Licurgo.

[5] La Convenzione, è stata l’assemblea esecutiva e legislativa in vigore durante la Rivoluzione francese, dal 20 settembre 1792 al 26 ottobre 1795. Essa doveva dotare la nuova repubblica di una Costituzione, votata nel 1793, dovette fronteggiare le lotte tra i diversi schieramenti, che degenerarono successivamente nella dittatura dei due comitati di Salute pubblica e di Sicurezza generale.

[6] Paoli ebbe una serie di colloqui con re Giorgio III in cui ottenne una pensione dalla Corona con la consapevolezza che se mai fosse tornato in Corsica in una posizione di autorità, avrebbe sostenuto gli interessi britannici contro i francesi. Non si trattava di un semplice accordo politico contro un nemico comune ma bensì esso era dettato da un sincero sentimento filo-britannico, in quanto il generale nutriva una genuina predisposizione verso la monarchia britannica che nella Rivoluzione francese lo portò nel campo realista.

[7] Aspra critica venne riservata ai giacobini con il loro “sistema universale di disorganizzazione di tutti i principi della società, di violenza, di saccheggio di tutte le proprietà individuali e soprattutto di scongiura forzata di ogni religione, di ogni culto, di ateismo predicato con empietà e comandato con atroce risoluzione“.

[8] Lo stesso in seguito alla sfortunata parentesi còrsa, fu ambasciatore a Vienna dal 1799 al 1801 e governatore generale dell’India dal 1807 al 1813.

[9] ROSSELLI John, Lord William Bentinck e l’occupazione britannica in Sicilia 1811-1814, Palermo 2002, p. 29.

[10] WEBSTER Charles Kinglsey, The foreign policy of Castlereagh, 1925-1932, p. 75. Il primo ministro Perceval afferma che sarebbe stato difficile trovare una valida alternativa a Bentick.

[11] ROSSELLI John, op. cit., p. 69. All’interno di un carteggio tra Lord Bentinck che relaziona Sir Wellesley sul suo operato, il primo afferma scrivendo: “Nelle mani della Gran Bretagna, in pochissimi anni diventerà una fonte di ricchezza e di forza da farne il più bel gioiello della Corona britannica. Le capacità dell’isola sono superiori a qualsiasi aspettativa, basta vederla per intero per credere a tutti i racconti tramandati dalla storia sulla sua gloria passata. Ma io annetto maggiore importanza alla grandezza che la Gran Bretagna acquisirà introducendo la libertà in Sicilia piuttosto che al valore come suo possedimento. Desidero che la Sicilia sia un sempiterno esempio dei frutti positivi della nostra amicizia, contrapposti a quelli di Napoleone e della Francia; vorrei che la Sicilia diventasse non solo il modello, ma lo strumento dell’indipendenza italiana.”

[12] W. BENTINCK, Journal, il Lord inglese annota di come fin dal 1807, con l’allora Ministro del foreign affairs Lord Howick, il principe di Belmonte si sia dimostrato palesemente il barone più filo inglese di tutti i pari di Sicilia.

[13] WEBSTER Charles Kingsley, op. cit., p.82. La Costituzione siciliana del 1812 si è guadagnata la fama di essere quella che per la prima volta metteva per iscritto i gloriosi principi della costituzione britannica non scritta.

[14] Il Gran Maestro fra’ Ferdinand von Hompesch zu Bolheim il 12 giugno 1798 aveva firmato un trattato con la controparte francese con il quale l’Ordine cedeva la propria sovranità sull’arcipelago maltese a Napoleone. Tale evento suscitò non poche perplessità, in quanto, i cavalieri gerosolimitani erano in “possessio” delle isole in mezzo al mediterraneo tramite concessione feudale del regno di Sicilia, a cui de jure apparteneva la sovranità sulle stesse

[15] I leader rivoluzionari maltesi furono immediatamente attratti dal carisma e dalla simpatia di Ball, il timore del ritorno del sempre più oppressivo Ordine di San Giovanni ha spinto indirettamente Malta a diventare un protettorato britannico. In una lettera inviata da uno dei leader maltesi a Ball, scritta da Vincenzo Borg, i maltesi espressero a Ball il desiderio che la stragrande maggioranza di noi desiderasse che le isole cadessero sotto la giurisdizione inglese. L’anno successivo Sir Ball venne nominato Commissario Civile dell’arcipelago.

[16] Il periodo di autonomia dell’isola di Gozo è noto come La Nazione Gozitana. Il patriota Saverio Cassar nacque a Għajnsielem, nella parrocchia di Nadur, Gozo, il 29 dicembre 1746. Studiò a Roma e fu ordinato sacerdote il 30 marzo 1771. Fu nominato arciprete della Matrice di Gozo nel 1773 e divenne Provicario di Gozo nel 1775. Il 3 settembre 1798, i gozitani si ribellarono agli occupanti francesi e il 18 settembre Cassar fu nominato capo del governo e sovrintendente dell’Isola di Gozo. Le guarnigioni francesi della Cittadella e di Fort Chambray si arresero agli inglesi il 28 e 29 ottobre e gli inglesi consegnarono l’isola a Cassar. Cassar governò Gozo come stato indipendente, riconoscendo Ferdinando III di Sicilia come re. Cassar presentò anche una petizione per istituire Gozo come diocesi separata (la diocesi cattolica romana di Gozo fu infine creata nel 1864).

[17] Esso fu uno dei numerosi episodi di non adesione reciproca al trattato, che alla fine portò al suo fallimento e alla ripresa della guerra tra Gran Bretagna e Francia un anno dopo.

[18] Durante il Congresso di Vienna ci fu un tentativo dell’Ordine di riprendere il controllo dell’arcipelago ma appariva profondamente difficile il ritorno delle stesso ai cavalieri in quanto il Regno Unito perseguiva una precisa politica tramite le British Islands mediterranee che fu anche al centro del laboratorio costituzionale liberale di matrice propriamente anglosassone.

[19] DELLI QUADRI Rosa Maria, Il Mediterraneo delle Costituzioni. Dalla Repubblica delle Sette Isole Unite agli Stati Uniti delle Isole Ionie 1800-1817, Franco Angeli, Roma, 2017.

[20] RICOTTI Carlo R., Il costituzionalismo britannico nel Mediterraneo (1794-1818), Giuffré, Collana Luiss, Roma, 2005.

[21] In merito alla così detta “questione orientale” interessante risulta essere il saggio di PAGRATIS Gerassimos D., The Ionian Islands under British Protection (1815-1864), in Carmel Vassallo and Michela D’ Angelo (eds), Anglo-Saxons in the Mediterranean. Commerce, Politics and Ideas (XVII-XX Centuries), Malta University Press, 2007.

[22] PAGANO DE DIVITIIS Gigliola, Il commercio inglese nel Mediterraneo dal ’500 al ’700. Corrispondenza consolare e documentazione britannica tra Napoli e Londra, Guida, Napoli, 1980.

[23] Il Secondo Trattato di Parigi venne firmato il 20 novembre del 1815, dopo la sconfitta di Napoleone Bonaparte nella Battaglia di Waterloo. Fu determinante per le sorti delle Isole Ionie.

[24] Costituzione delle Isole Ionie.

[25] Costituzione delle Isole Ionie.

[26] Per meglio comprendere l’azione di governo e amministrazione delle Isole Ionie che condotta da Lord Maitland si rimanda a DIXON Cyril Willis, The Colonial Administrations of Sir Thomas Maitland, Londra, 1968. Tale volume è conservato presso la British library di Londra.

[27] COZZI Gaetano, Diritto veneto e lingua italiana nelle isole Ionie nella prima metà dell’Ottocento, in Studi storici in onore di Gianfranco Folena, Padova, 1993.

[28] RICOTTI Carlo R., op. cit.


Bibliografia essenziale

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NOVARESE Daniela, Tra Inghilterra e Francia. Dichiarazione e garanzie dei diritti fondamentali nel costituzionalismo europeo fra sette e ottocento, in Società e Storia (ISSN 0391-6987), 2003, n. 99, pp. 31-44.

PAGRATIS Gerassimos D., The Ionian Islands under British Protection (1815-1864), in Carmel Vassallo and Michela D’ Angelo (eds), Anglo-Saxons in the Mediterranean. Commerce, Politics and Ideas (XVII-XX Centuries), Malta University Press, 2007.

PELLERITI Enza, La Costituzione siciliana del 1812 fra mito e realtà, in Sicilia 1812 Laboratorio costituzionale: guida ai luoghi ai fatti, ai personaggi, Edizioni ARS, Palermo 2012, pp. 43-51.

RICOTTI Carlo R., Il costituzionalismo britannico nel Mediterraneo (1794-1818) III vol.in Clio, XXXI.1 (1995), pp. 5-63.

RICOTTI Carlo R., Il modello costituzionale inglese e la sua recezione nell’area mediterranea tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento, Atti delle giornate di studio in memoria di Francisco Tomás y Valiente, Giuffrè, Milano, 1998.

RICOTTI Carlo R., Il sistema elettorale corso e la sua derivazione britannica, in “Clio”, 1993, n. 4, pp. 579- 607.

ROMANO Andrea (a cura di), Il modello costituzionale inglese e la sua recezione nell’area mediterranea tra la fine del 700 e la prima metà dell’800, atti del seminario internazionale di studi in memoria di F. Tomás Valiente (Messina, 14-16 novembre 1996), Giuffré, Milano, 1998, pp. 1084 e ss.

ROSSELLI John, Lord William Bentinck: The making of a liberal Imperialist 1774-1839, Londra, 1974.

Processo verbale dell’Assemblea generale di Corsica, tenuta in Corte il 10, e giorni seguenti di giungno 1794. Including the text of the Constitution drawn up by the Assembly and in force during the British occupation of Corsica, 1794-1796. Documento conservato presso The British Library, fonte a stampa, digitalizzata nel 2016.

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