Geopolitica e geografia: le intersezioni tra territorio e strategia nell’economia globale e nella sicurezza nazionale

La geopolitica contemporanea si articola come un complesso mosaico in cui si intrecciano nuove frontiere economiche, minacce emergenti e sfide territoriali.

È in tale contesto che l’intelligence riveste un ruolo fondamentale nel garantire la sicurezza nazionale e nell’interpretare i segni dei tempi e le dinamiche globali.

Nel mare magnum dell’incerto e della mistificazione, àncora di salvezza e bussola di orientamento, l’intelligence suole adoperarsi, secondo il proprio statuto ontologico, per “imparare strategie, piuttosto che semplici procedure” (Pagani, 2019), illuminando la via, sceverando gli elementi costitutivi della realtà.

Definita da taluni (Caligiuri, 2021) come il “potere invisibile delle democrazie“, l’intelligence si atteggia altresì a contraltare al diritto visibile e alla sua applicazione (potere giudiziario).

D’altro canto, le influenze geografiche sulle scelte politiche e sociali, spesso inaspettate, emergono con forza mentre si analizzano le interazioni tra intelligence e geografia, evidenziando l’importanza di tali relazioni nell’ambito dei rapporti finanziari globali e nelle decisioni strategiche dei governi.

L’attuale assetto della finanza mondiale appare eterogeneo, oscillando tra legittimità e clandestinità, tra quel che è annunciato nella scelte di politica economica e quel che, in modo latente e spesso surrettizio, realmente si persegue.

Ciò pone ineludibilmente sfide significative per i servizi di intelligence, da sempre votati a intercettare i segnali, i sentori, i sospetti, sin dall’opera degli speculatores romani, antesignani degli agenti segreti che, delegati personalmente dall’Imperatore, a costui direttamente relazionavano in esito alle loro inchieste.

La crisi dell’Unione Sovietica ha segnato una delle svolte cruciali, per l’attuale ordine del nostro tempo, provocando una riunificazione di attori precedentemente contrapposti e un’apertura controllata verso gli investimenti occidentali.

In particolare, in esito alla Caduta del Muro e alla dissoluzione della potenza sovietica, negli ultimi decenni si è verificata “una redistribuzione dei potenziali strategici e militari. L’Urss in crisi mollò alla CEE ed alla Nato la parte occidentale dell’impero dei Soviet, che era inquadrata nel Patto di Varsavia, per evitare i sovraccosti di un sistema economico irrazionale e corrottissimo” (Pagani, 2019).

Si è dunque generato un nuovo teatro sia di opportunità che di rischi, sul cui palcoscenico è emersa e via via evoluta un’economia criminale che oggi presenta un’importanza comparabile a quella del settore energetico e fatturati analoghi “al business annuale mondiale degli idrocarburi” (Naìm, 2006).

L’epocale crisi economica del 2008 ha ulteriormente accelerato questa trasformazione, evidenziando l’urgenza di un’intelligence robusta, capace di monitorare le dinamiche in continua evoluzione del panorama economico globale.

Del resto, è fondamentale sottolineare che la geografia, con le sue caratteristiche intrinseche, continua a essere un fattore chiave nelle decisioni strategiche.

Le scelte geopolitiche non sono influenzate unicamente dalle relazioni internazionali, ma anche dalle configurazioni fisico-territoriali.

Si consideri, a titolo esemplificativo, quanto accade nelle nazioni africane e latinoamericane. Esse si trovano ad affrontare notevoli difficoltà di matrice geografica (caldo, siccità), che ne ostacolano lo sviluppo economico e politico.

Mentre gli Stati Uniti d’America beneficiano di una geografia favorevole, che inconfutabilmente ne ha facilitato la crescita e la stabilità economica.

Il concetto di geografia elaborato da esperti come Tim Marshall mette in evidenza come il territorio influisca profondamente sulle dinamiche di potere e sulle opportunità di sviluppo.

La geografia finisce per condizionare le visione stessa dei leader politici. In tal senso, si può a ragione ipotizzare che la Guerra fredda sia stata favorita non solo da condizioni politiche ma anche geografiche.

Parimenti, l’odierno duellare velato, quasi scacchistico, tra Stati Uniti e Repubblica popolare cinese, per l’egemonia mondiale, ha innegabilmente una base anche geografica.

Basti pensare alla contesa strategica per l’isola di Taiwan. Nè si dimentichi che “le materia prime che alimentano la fabbrica del mondo e le merci che essa produce entrano ed escono dalla Cina soprattutto via mare, e passano per lo stretto di Malacca, che di fatto è sotto il controllo militare della US Navy” (Pagani, 2019).

Caratteristiche prettamente territoriali come la presenza di fiumi, stretti, montagne, giacimenti di risorse e regioni climatiche continuano a modellare le esperienze nazionali e gli interessi locali, regionali e mondiali.

Tuttavia, per affrontare le sfide globali attuali, è imprescindibile adottare un approccio strategico che integri anche le dimensioni culturali e storiche delle interazioni geopolitiche.

Un esempio emblematico è costituito dalla pianura nordoccidentale dell’Ucraina, priva di barriere naturali, che dimostra chiaramente come la geografia possa influenzare le decisioni strategiche, costringendo le potenze vicine a mantenere controllo sulla regione.

Molti avvenimenti degli scorsi anni trovano invece in Afghanistan e in Iran il fondamento geografico. “Non è un segreto che in quei territori si trovi una delle prede più ambite del ventunesimo secolo: gli immensi giacimenti di petrolio e di gas naturale, al cui confronto quelli dell’Arabia Saudita e degli altri Stati del Golfo sembrano poco più che pozzanghere. Se poi a tanta ricchezza si aggiungono le miniere d’oro, argento, rame, zinco, piombo, minerali di ferro, carbone, i campi di cotone, si capisce subito perché i giovani governi dell’Asia centrale siano oggetto di una corte così assidua” (Romano, 2004).

Nel passato remoto, accanto a storie di successo come quella dell’Antico Egitto, che ha prosperato grazie al Nilo, si stagliano le difficoltà di altre nazioni costrette a fronteggiare sfide geografiche per accedere a risorse e costruire infrastrutture sostenibili.

In sostanza, chi gode di una posizione geografica privilegiata conquista spazio strategico ed ha accesso alle risorse.

Si delinea perciò un legame intrinseco tra intelligence e geografia nel plasmare il panorama politico ed economico globale.

Con l’evoluzione del mondo e l’emergere di sfide sempre più complesse, è essenziale sviluppare strategie integrate che considerino tanto gli aspetti territoriali quanto le dinamiche di potere globali.

Solo attraverso una comprensione incisiva delle intersezioni tra geografia e strategia, l’intelligence può fungere da custode efficace degli interessi nazionali, sostenendo la sicurezza e promuovendo opportunità di sviluppo in un contesto universale in perenne movimento.

In questo scenario, l’accelerata digitalizzazione e l’emergere di nuove minacce, come quelle nel cyberspazio, richiedono un costante aggiornamento delle tecniche analitiche, sottolineando il ruolo essenziale dell’intelligence nel panorama contemporaneo.

Il web rende tutto più imprevedibile e incerto, connettendo in modi sempre più disparati ed accelerati l’intelligenza umana e quella artificiale, i big data e i dark data, integrando reale e virtuale, visibile e invisibile, universo e metaverso, grazie anche all’utilizzo di tecnologie indossate o impiantate nel cervello umano (neurotecnologie) che incideranno sempre più sull’elaborazione del pensiero e sull’estrinsecazione delle condotte umane, in ogni ambito della vita.

Le digitalizzazione, le neuroscienze, le nanotecnologie, la robotica saranno sempre più pervasive, modificando strutturalmente e irreversibilmente la società per come finora è stata conosciuta e vissuta, producendo un incremento di celerità dei cambiamenti e dunque crescente incertezza e precarietà.

La conseguenziale ridefinizione dell’idea e del senso di privacy e di sicurezza tende a procreare nuove forme di rischio che si concretano in inedite tipologie di controllo, di criminalità, di armi e, in ultima istanza, di guerra.

L’importanza di tale tema è particolarmente evidente e segna, senza dubbio alcuno, un passo fondamentale verso la comprensione delle sfide presenti e future.
 

 


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