Il NUOVO IMAIE, configurazione e riflessioni giuridiche

L’Istituto mutualistico per la tutela degli artisti interpreti ed esecutori (per brevità, IMAIE) è un ente italiano nato nel 1977 come libera associazione tra artisti, interpreti e musicisti, inizialmente priva di personalità giuridica, acquisita solo il 23 dicembre del 1994.

È stata promossa dalle tre confederazioni sindacali della CGIL, CISL e UIL, con lo scopo di tutelare e garantire agli associati il cosiddetto diritto all’equo compenso[1] per l’utilizzo o la riproduzione delle opere interpretate o eseguite, in base a quanto previsto dalla legge sul diritto d’autore n. 633 del 1941, al Titolo II negli articoli 72-102, e dalle leggi successive.

I diritti patrimoniali “connessi al diritto d’autore” sono pertanto correlati all’opera e riconosciuti a coloro che la interpretano e la riproducono, consentendone la diffusione e la fruizione.

Si distinguono in diritti a esso strettamente collegati e quelli concettualmente a esso affini, questi ultimi sono riferiti alle opere considerate “meno creative”.[2]

I diritti connessi al diritto d’autore sono:

– l’interpretazione e l’esecuzione[3]

– la radiodiffusione e la telediffusione[4]

– i fonogrammi.[5]

Hanno una durata di cinquanta anni dalla prima esecuzione, recitazione o fissazione dell’opera, a eccezione dei fonogrammi il cui diritto è esteso a settanta anni da quando l’opera è pubblicata, con la precisazione che la pubblicazione deve avvenire entro cinquanta anni dalla fissazione sul fonogramma.[6]

La ratio della norma è di tutelare anche un soggetto che – pur non essendo autore dell’opera – contribuisce di fatto alla realizzazione della stessa e alla sua diffusione, nonché alla possibilità per il pubblico di usufruire della stessa.

Il produttore del fonogramma[7] è titolare in esclusiva[8] del diritto di autorizzare[9]:

– la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, dei suoi fonogrammi in qualunque modo o forma, in tutto o in parte e con qualsiasi processo di duplicazione;

– la distribuzione degli esemplari dei suoi fonogrammi; si ricorda che il diritto esclusivo di distribuzione non si esaurisce nel territorio dell’Unione Europea;

– il noleggio e il prestito degli esemplari dei suoi fonogrammi;

– la messa a disposizione del pubblico dei suoi fonogrammi in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso.

Per “artisti interpreti ed esecutori[10] si intendono invece gli attori, i cantanti, i musicisti, i ballerini e le altre persone che rappresentano, cantano, recitano, declamano o eseguono in qualunque modo opere dell’ingegno, siano esse tutelate o di dominio pubblico.

Rientrano, inoltre, nella medesima categoria anche:

  1. coloro che sostengono nell’opera o composizione drammatica, letteraria o musicale, una parte di notevole importanza artistica, anche se di artista esecutore comprimario;
  2. i direttori dell’orchestra o del coro;
  3. i complessi orchestrali o corali, a condizione che la parte orchestrale o corale abbia valore artistico di per sé stante e non di semplice accompagnamento.

A tali soggetti spettano, in via esclusiva i seguenti diritti[11]:

– autorizzare la fissazione delle loro prestazioni artistiche;

– autorizzare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte, della fissazione delle loro prestazioni artistiche;

– autorizzare la comunicazione al pubblico, in qualsivoglia forma e modo, ivi compresa la messa a disposizione del pubblico in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, delle proprie prestazioni artistiche dal vivo, nonché la diffusione via etere e la comunicazione via satellite delle prestazioni artistiche dal vivo, a meno che le stesse siano rese in funzione di una loro radiodiffusione o siano già oggetto di una fissazione utilizzata per la diffusione. Se la fissazione consiste in un supporto fonografico, qualora essa sia utilizzata a scopo di lucro, è riconosciuto a favore degli artisti interpreti o esecutori – il compenso di cui all’art. 73, se non utilizzata a scopo di lucro, è riconosciuto a favore degli artisti interpreti o esecutori interessati l’equo compenso di cui all’art. 73-bis;

– autorizzare la messa a disposizione del pubblico in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, delle fissazioni delle proprie prestazioni artistiche e delle relative riproduzioni;

– autorizzare la distribuzione delle fissazioni delle loro prestazioni artistiche; il diritto non si esaurisce nel territorio dell’Unione Europea se non nel caso di prima vendita da parte del titolare dei diritti o con il suo consenso in uno Stato membro;

– autorizzare il noleggio o il prestito delle fissazioni delle loro prestazioni artistiche e delle relative riproduzioni: l’artista interprete o esecutore, anche in caso di cessione del diritto di noleggio ad un produttore di fonogrammi o di opere cinematografiche o audiovisive o di sequenze di immagini in movimento, conserva il diritto di ottenere un’equa remunerazione per il noleggio concluso dal produttore con terzi.

Ogni patto contrario è nullo.

In difetto di accordo da concludersi tra l’IMAIE e le associazioni sindacali competenti della confederazione degli industriali, detto compenso è stabilito con la procedura di cui all’art. 4 del decreto legislativo luogotenenziale, 20 luglio 1945, n. 440.

In seguito all’estinzione dell’IMAIE, nacque il NUOVO IMAIE, che secondo la giurisprudenza[12]a differenza del precedente, è nato quale ente già dotato di personalità giuridica, al fine di assicurare la realizzazione degli obiettivi di cui alla l. n. 93/92 e garantire il mantenimento degli attuali livelli occupazionali del preesistente ed estinto IMAIE, in liquidazione; è costituito non dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale delle categorie di interpreti o esecutori firmatarie dei contratti collettivi nazionali, ma dagli artisti interpreti esecutori pur assistiti dalle organizzazioni sindacali; viene assoggettato in sede di approvazione dello Statuto e del regolamento elettorale alla vigilanza congiunta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero per i beni e le attività culturali e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, tenuti, ad assicurare un assetto organizzativo dell’ente tale da garantire efficaci forme di tutela dei diritti degli artisti interpreti ed esecutori”. 

L’intenzione dell’associazione era di dare maggiore rilevanza ai singoli associati piuttosto che alle organizzazioni di categoria, a cui è rimasto solo il ruolo di “assistenza” nella fase costitutiva e consultivo per le organizzazioni sindacali, mentre ai sensi della legge n. 93 del 1992, il vecchio IMAIE era costituito proprio dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale delle categorie di artisti interpreti o esecutori firmatarie a livello nazionale delle categorie degli artisti interpreti o esecutori firmatarie dei contratti collettivi nazionali.[13] 

Infatti, con decreto del 30 aprile 2009[14], il Prefetto di Roma dichiarò l’IMAIE estinto.

In seguito, il TAR del Lazio[15] accolse la sospensiva cautelare dell’efficacia del suddetto provvedimento; tuttavia il Consiglio di Stato accolse a sua volta il ricorso contro l’ordinanza di sospensione del TAR, confermando così la validità del processo di estinzione, attribuendo i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione ai già nominati Commissari Liquidatori, compresa la riscossione e la distribuzione agli aventi diritto dei proventi maturati e non riscossi e di quelli che sarebbero maturati nel corso dell’attività liquidatoria.

Anche l’istituzione del NUOVO IMAIE è stata oggetto di impugnazione[16] dinanzi al TAR Lazio[17] da parte di alcuni artisti[18] e dall’Associazione Artisti 7607[19], che chiesero l’annullamento del provvedimento del Ministero dei Beni Culturali n. 17752/10 con il quale era stato approvato l’art. 7 del decreto legge del 30 aprile 2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 100/2010, dell’atto costitutivo e dello Statuto dell’associazione NUOVO IMAIE.

L’Associazione in parola è munita di un Codice Etico “che costituisce parte integrante del Modello Organizzativo, illustra i principi etici a cui NUOVOIMAIE attribuisce importanza fondamentale e che, come tali, devono essere rispettati da tutto coloro che agiscono in nome o per conto di NUOVOIMAIE, inclusi, a titolo esemplificativo, gli amministratori, i dipendenti, i consulenti e i fornitori (di seguito, complessivamente indicati quali ‘Destinatari’)”.[20]

E seppure non espressamente previsto, non può non intendersi esteso anche agli associati.

A supporto di tale interpretazione, la circostanza che il Codice Etico poggi l’accento sull’obbligo di rispettare le leggi.[21]

Ancora, un supporto si può rintracciare anche nel Modello Organizzativo del NUOVO IMAIE che, tra coloro che devono orientare il proprio comportamento al rispetto dei principi di cui al Codice, individua “tutti gli altri soggetti che si relazionano con l’Ente e i primi a relazionarsi sono appunto gli associati“.

In quest’ottica, il Codice Etico ha la specifica funzione di costituire il principale punto di riferimento sia per i soggetti che operano per conto di NUOVOIMAIE, i quali devono orientare il proprio comportamento alla luce dei principi e delle previsioni ivi contenute, sia per tutti gli altri soggetti che si relazionano con l’Ente”.[22]

La violazione delle norme del Codice Etico lede il rapporto di fiducia instaurato con NUOVOIMAIE e può portare ad azioni disciplinari e di risarcimento del danno, fermo restando, per i lavoratori dipendenti, il rispetto delle procedure di cui all’art. 7 della Legge 20 maggio 1970 n. 300 (c.d. Statuto dei Lavoratori) e dei contratti collettivi di lavoro.”[23]

L’applicazione delle azioni disciplinari e delle sanzioni è possibile ma non obbligatorio.

L’eventuale applicazione delle sanzioni non pregiudica il diritto di NUOVOIMAIE ad agire, nei confronti del responsabile della violazione, per il risarcimento dei danni patiti. Le sanzioni nel prosieguo indicate troveranno applicazione indipendentemente dallo svolgimento e dall’esito del procedimento penale, eventualmente avviato dall’autorità giudiziaria nel caso in cui il comportamento da censurare integri anche una fattispecie di reato rilevante ai sensi del Decreto”.[24]

NUOVO IMAIE agisce per il risarcimento danni nei confronti del responsabile (che dalla terminologia adoperata potrebbe anche non essere compreso tra i “Destinatari” propriamente detti).

I Destinatari devono uniformare tutte le proprie attività svolte in nome o per conto di NUOVOIMAIE ai principi di integrità e probità, agendo in ogni circostanza con onestà e rettitudine, utilizzando al meglio gli strumenti e il tempo a loro disposizione ed assumendo, in funzione del ruolo ricoperto, le responsabilità connesse alle proprie azioni od omissioni. Qualsiasi condotta posta in essere in nome e/o per conto di NUOVOIMAIE dev’essere improntata al rispetto del principio di concorrenza leale. Conseguentemente, è vietato l’utilizzo di tecniche, pratiche, comportamenti e mezzi illeciti per ottenere un vantaggio sui competitor o per arrecare loro un danno”.[25]

I principi sono allora quelli della integrità, probità, concorrenza leale, con conseguente divieto di tecniche, pratiche, comportamenti e mezzi illeciti volti a ottenere un vantaggio sui competitor o per arrecare loro danno.

Per competitor possiamo intendere anche gli altri associati con i quali coloro che hanno concorso per l’attribuzione del beneficio assistenziale sono prevalsi proprio grazie alla falsa dichiarazione, adoperando cioè un mezzo illegittimo[26] e illecito[27].

Il compito di vigilare sull’adeguatezza e il rispetto del presente Codice Etico, così come del Modello Organizzativo adottato dal NUOVO IMAIE, spetta all’Organismo di Vigilanza (di seguito, anche solo OdV), cui sono assegnati i seguenti compiti:

1) vigilanza sull’adeguatezza del Modello Organizzativo e del Codice Etico, intesa quale idoneità a prevenire la commissione di comportamenti illeciti ovvero ad evidenziarne l’eventuale realizzazione;

2) vigilanza sull’effettività del Modello Organizzativo e del Codice Etico, intesa quale coerenza tra i comportamenti concreti e quelli previsti dal Modello;

3) curare l’aggiornamento del Modello e del Codice Etico, mediante apposite proposte di adeguamento inoltrate alle funzioni competenti.”[28]

Il controllo dell’Organismo di Vigilanza è volto anche a prevenire la commissione dei reati.[29] La responsabilità è dei componenti dell’Organismo di Vigilanza.[30]

Inoltre, sono responsabili anche gli Amministratori che non indicano le eventuali violazioni nella Relazione di Trasparenza.[31]

È prevista la decadenza[32] degli associati per le violazioni di cui all’art. 24 c.c.[33]

L’avere dichiarato il falso per percepire un beneficio pur non avendone diritto, rientra in uno dei gravi motivi di cui al suindicato art. 24, in ragione dei quali il socio può essere escluso dalla compagine sociale.

Si ribadisce che il NUOVO IMAIE è un’associazione privata riconosciuta, dotata di personalità giuridica.

Le associazioni in generale hanno la forma giuridica di un contratto plurilaterale, sono formazioni sociali e organizzazioni collettive attraverso le quali una pluralità di individui che versino nelle medesime condizioni sociali concorrono al perseguimento di ideali comuni, tutelati all’art. 18 della Costituzione che protegge la libertà di associazione, anche nella declinazione di diritto soggettivo di ogni associato di partecipare alla vita associativa in piena uguaglianza con gli altri associati e associate (cosiddetta libertà nell’associazione).

Vale sì il principio allora della piena facoltà dei contraenti di scegliere liberamente il tipo contrattuale che più si adatta alle loro esigenze, di derogare alle regole predisposte dal legislatore.

L’autonomia negoziale incontra tuttavia il limite nella necessità di rispettare le norme imperative, inderogabili, poste dall’ordinamento a protezione di interessi pubblici o diritti individuali inviolabili.

Si precisa la distinzione tra la libertà di associazione (fatta valere al di fuori, nei confronti di poteri esterni pubblici e privati) e la liberà nell’associazione (da intendersi come diritto di ciascun associato a contribuire alla vita associativa[34]).

In virtù di tali principi, gli associati debbono concorrere paritariamente al governo dell’associazione stessa, nel rispetto, all’interno del gruppo, del principio di uguaglianza.

Per conseguenza, le delibere dell’assemblea debbono essere adottate nell’osservanza del principio per cui a ogni associato/a deve essere garantito il diritto a un voto e a non più di un voto.

Tale principio è evocato per le associazioni riconosciute[35], dall’articolo 21, primo comma, del codice civile,per cui “le deliberazioni dell’assemblea sono prese a maggioranza di voti e con la presenza di almeno la metà degli associati. In seconda convocazione la deliberazione è valida qualunque sia il numero degli intervenuti”, il quale in tutta evidenza sottende il detto principio di uguaglianza nella partecipazione alla vita associativa ed è funzionale al suo rispetto.

È vero che tale norma è ritenuta parzialmente derogabile, in ossequio al principio di autonomia negoziale, ad esempio con riguardo al quorum necessario per le diverse tipologie di delibera (per l’elezione dei vertici, per le modifiche dello statuto, etc.), ma è affermato da autorevole dottrina che resta tuttavia indisponibile il principio del rispetto della democraticità interna, per cui a ogni testa deve corrispondere un voto.

Galgano[36], sul punto, afferma: “è comunemente accolto il principio secondo il quale i soci delle associazioni debbono avere parità di diritti e di doveri”, sicché, pur rinvenendosi nella prassi statuti che introducono qualche margine di disuguaglianza fra i soci, “talune disuguaglianze sono certamente illecite: (…) così la clausola, assai frequente, che priva determinate categorie di associati del diritto di voto, o quella che, per converso, attribuisce agli appartenenti ad altre categorie un voto plurimo. (…)

Disuguaglianze di tal genere sono ammesse nelle società lucrative (si pensi agli azionisti di risparmio senza diritto di voto), ma debbono considerarsi inammissibili nelle associazioni, come sono inammissibili nelle società cooperative.

Sì è qui di fronte a tipi contrattuali legislativamente predisposti per il perseguimento, in forma associata, di un interesse di “serie” o di “categoria” dei contraenti: il rapporto associativo si costituisce fra quanti versino in una medesima situazione di interesse o siano animati da un medesimo ideale; ed i singoli concorrono al governo dell’associazione in ragione, esclusivamente, del fatto di essere portatori di quel dato interesse o di essere animati da quel dato ideale. Ciò implica necessariamente una pariteticità di posizione fra i componenti il gruppo”.

Ciò in quanto “la democrazia interna, in un gruppo privato, si traduce nella parità di trattamento dei soci[37] e “l’assoggettamento delle associazioni ad un potere decisionale che non esprima la volontà degli stessi associati, costituirebbe violazione del principio di eguaglianza reciproca”.[38]

L’atto costitutivo e lo statuto dell’associazione “non potranno adottare soluzioni che si risolvano in un sostanziale disconoscimento dei diritti dell’associato a partecipare alla vita associativa” e “non potranno sottrarre loro qualsiasi scelta associativa, demandandola ad es. al presidente o ad un gruppo ristretto di associati”.[39]

In linea di principio, è dunque certamente illegittimo uno Statuto che preveda che alcuni membri di una associazione abbiamo diritto di esprimere più voti nell’organo assembleare rispetto ad altri associati.

Una deroga al principio “una testa un voto” può essere suggerita da necessità specifiche, quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, la tutela di minoranze linguistiche.

Bianca[40] ha anche evidenziato che “la regola legale assegna un voto a ciascun associato, ma non può escludersi un diverso diritto di voto giustificato dalla diversa partecipazione dell’associato al gruppo, come può ad esempio riscontrarsi nelle associazioni economiche”.

In conclusione, eventuali deroghe al principio in parola sono ammesse esclusivamente se funzionali proprio ad assicurare una paritaria rappresentatività degli associati e delle associate, appunto nel rispetto del principio di uguaglianza associativa.

Una disposizione statutaria derogatoria, in assenza delle ipotesi eccezionali sopra menzionate, renderebbe illegittime le singole delibere[41] adottate con siffatto criterio antidemocratico.

Una volta che il giudice abbia espunto la norma illegittima dallo Statuto e annullato le delibere votate dall’organo illegittimamente formato, l’assemblea andrebbe riconvocata nella corretta composizione, in conformità al principio democratico.

Non mancano, possibili limitazioni (di diversa natura) alla nomina di singoli associati (si pensi alla previsione di cui all’art. 2382 c.c.).

Tali limitazioni – finalizzate al miglior assolvimento dei compiti e delle funzioni connesse all’incarico (nonché assistite dai canoni della ragionevolezza, della proporzionalità e dell’adeguatezza) – non sembrano violare i principi di pari opportunità ed eguaglianza di tutti gli associati, purché non finiscano con il riservare di fatto l’accesso alle cariche sociali (e, quindi, alla gestione dell’associazione) soltanto a una “rosa” ridotta di soggetti predeterminati o predeterminabili così da consentire loro il controllo e la gestione esclusiva dell’ente e così da precludere ogni realistica possibilità di ricambio interno.

Nella nota n. 1309/2019, il Ministero del Lavoro ha affermato che “In via generale, comunque, si ritiene più conforme alla ratio legis, soprattutto con riferimento alle associazioni di promozione sociale (lo dice soprattutto rivolgendosi a queste, ma in generale a tutte), che le previsioni statutarie siano volte, più che ad individuare requisiti in grado di porre limiti alle adesioni (al fine di realizzare artificiali restrizioni della base associativa), a tracciare una sorta di ‘identità associativa’, un sistema di finalità e valori fondanti, oltre che di attività istituzionali, in cui il potenziale associato possa riconoscersi e che il socio possa essere chiamato a rispettare e condividere, valorizzando così al massimo grado la scelta libera e volontaria alla base della richiesta di adesione e, successivamente, del rapporto associativo”.

L’esclusione dall’elettorato passivo di quei soci ha proprio la funzione di preservare l’identità associativa che i medesimi hanno violato tradendo i principi e valori fondanti.

Il principio di uguaglianza va dunque contemperato, secondo criteri di ragionevolezza, con il possesso dei requisiti che consentano al candidato di svolgere l’incarico per il quale viene eletto.

Tali requisiti sono soprattutto quelli di onorabilità, professionalità ed indipendenza.

Alla stessa logica non discriminatoria, ma anzi funzionale alla contendibilità delle cariche, vanno ricondotte eventuali previsioni statutarie che limitino il numero dei mandati consecutivi in capo agli eletti.

Secondo quanto previsto dall’art. 11 delle preleggi del codice civile: “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”.

Se una data norma produce effetti da oggi e per il futuro, ma sulla base di una fattispecie consumatasi nel passato (o che possa essersi consumata anche nel passato), può essere anch’essa intesa come retroattiva, ma di una retroattività cosiddetta debole.

Si pensi ad una legge con cui si stabilisca, da oggi in poi, che non possano rivestire certe cariche (Consigliere comunale, regionale, …) coloro che, nel passato, abbiano riportato alcune condanne penali; oppure ad una legge che riconosca, da oggi in poi, certi benefici ai pubblici impiegati che, nel passato, abbiano rivestito determinate posizioni.

La norma, nel descrivere la fattispecie presupposta ai fini della propria applicazione, opera una qualificazione giuridica, che consiste, appunto, nel descrivere (normativamente) la detta fattispecie.

E poiché detta qualificazione deriva anch’essa dalla legge, è anch’essa un suo effetto. Si tratta tuttavia di un effetto che descrive fatti che si sono già consumati nel momento in cui la norma (e la qualificazione della fattispecie che essa reca) viene introdotta.

Questa diversa forma di retroattività (debole, perché le conseguenze giuridiche ricadono tutte nel futuro), non è pare sussumibile nel divieto generale ex art. 11 preleggi, sicché una legge può assumere, a presupposto della propria applicazione, un fatto del passato anche senza dichiararlo esplicitamente.

Anche un regolamento (norma di secondo grado) – che per ragioni di gerarchia delle fonti non può ovviamente derogare alle preleggi – ben può essere retroattivo in tal senso.

Ecco dunque che l’art. 2 del codice penale – già prima che il principio fosse ribadito dall’art. 25 della Costituzione – ha previsto che nessuno possa essere punito (oggi) per un fatto che, al momento in cui fu commesso (cioè nel passato), non costituiva reato.

Si tratta dunque di un caso in cui la legge vieta espressamente la retroattività debole e non avrebbe senso prevederlo se la regola per cui “la legge non dispone che per l’avvenire, essa non ha effetti retroattivi” già escludesse, in sé stessa, tale particolare forma di retroattività affievolita.

Invero, la differenza è ravvisabile nel fatto che qui non si vengono a creare situazioni giuridiche uguali a quelle che sarebbero dipendenti da altre situazioni del passato, limitandosi la norma ad assumere come presupposto di applicazione una fattispecie storica formatasi nel passato, ed effettivamente verificatasi, le situazioni giuridiche che si producono, nel caso di retroattività debole,  sono primarie e non dipendenti da altre.


[1] Si tratta di diritti, di natura eminentemente patrimoniale, connessi al diritto d’autore, derivanti dallo sfruttamento dell’opera, da parte di terzi soggeti, che dunque la legge riconduce e riconosce non all’autore dell’opera ma appunto a tali terzi, in quanto comunque correlati all’opera.

[2] Si fa riferimento ai documentari, alle fotografie, alla corrispondenza epistolare, ai ritratti, ai bozzetti di scene teatrali, ai progetti d’ingegneria, aglio audiovisivi sportivi e alle banche dati.

[3] Artt. 80 e seguenti della LDA (Legge sul diritto d’autore n. 633 del 1941 e successive modifiche).

[4] Art. 79 LDA.

[5] art. 72 e ss. della LDA

[6] Il fonogramma non è altro che il cosiddetto master in cui viene fissata una specifica esecuzione dell’opera musicale.

[7] Per produttori di fonogrammi e artisti interpreti esecutori si intendono tutti coloro che permettono al pubblico di fruire dell’opera, ossia: gli artisti, gli interpreti e gli esecutori, i produttori di supporti fonografici, i produttori di opere cinematografiche o audiovisive, infine, le emittenti radiofoniche e televisive.

Ai sensi dell’art. 78 della Legge sul Diritto d’Autore, quando si parla di produttori di fonogrammi si intende la persona fisica o giuridica che assume l’iniziativa e la responsabilità della prima fissazione dei suoni provenienti da una interpretazione o esecuzione o di altri suoni o di rappresentazioni di suoni.

[8] Fatti salvi ovviamente i diritti dell’autore.

[9] Art. 72 LDA.

[10] Ai sensi degli artt. 80 e 82 della LDA.

[11] Ai sensi dell’art. 80 della LDA.

[12] Cfr. TAR Lazio n. 13897/2010.

[13] Cfr. TAR Lazio nn. 7946/2014 e 13897/2010.

[14] Prot. n. 33961/606/2009/URPG

[15] Il provvedimento del Prefetto di Roma del 30 aprile 2009, prot. N. 33961/606/2009 fu sostituito in sede di riesame con pari provvedimento del 28 maggio 2009, prot. N. 34043/606/2009, in virtù dell’ordinanza del TAR Lazio n. 2296/2009.

Con provvedimento del Presidente del Tribunale di Roma del 28 maggio 2009 n. 5592 furono confermati commissari liquidatori già nominati con precedente atto del 18 maggio 2009. Intervenne allora altra ordinanza del TAR Lazio che, ritenuta la sussistenza di motivi di particolare gravità e urgenza, in relazione alla già intervenuta nomina dei commissari liquidatori, decretò la sospensione provvisoria del decreto del Prefetto di Roma n. 34043/606/2009.

[16] I motivi proposti erano: a) il mancato rispetto della disciplina di cui all’art. 7 del d.l. n. 64/10 che prevede “l’assistenza” delle associazioni di artisti, interpreti ed esecutori nella costituzione della nuova associazione; b) la violazione dell’art. 7 della l. 241/90, per non avere l’Associazione Artisti 7607 avuto la possibilità di partecipare al procedimento presso il Ministero; c) il difetto di motivazione circa la verifica di conformità dello Statuto alla disciplina legislativa e in particolare la illegittimità della previsione dell’art. 8 dello Statuto che distingue tra artista professionista e non professionista; d) l’illegittimità dell’approvazione dell’art. 9 dello Statuto che richiederebbe una nuova iscrizione all’Associazione NUOVO IMAIE anche per coloro che già appartenevano al vecchio istituto.

[17] N. 11747/2010 REG.RIC.

[18] Cinzia Mascoli, Neri Marcorè, Elio Germano, Claudio Santamaria Ferraro, Roberto Giacomo Pischiutta, Pasquale Corrente, Carmen Giardina, Alessandro Riceci

[19] Nel 2010, è nata l’Associazione Artisti 7607, una società cooperativa a responsabilità limitata che si occupa della raccolta e di distribuzione dei proventi per equo compenso, equa remunerazione e copia privata spettanti agli artisti interpreti esecutori del settore video (cosiddetti diritti connessi al diritto d’autore ex artt. 80, 84 e 71 septies e octies della legge n. 633/1941). È costituita da oltre mille attori per riaffermare in Italia, dopo un ventennio di gestione monopolistica dei diritti connessi, la libertà degli artisti di scegliere a chi affidarne la tutela. Nel 2013, si è costituita la società di collecting Artisti 7607 (soci fondatori Urbano Barberini, Paolo Calabresi, Luca D’Ascanio, Augusto Fornari, Elio Germano, Carmen Giardina, Neri Marcorè, Cinzia Mascoli, Alberto Molinari, Paco Reconti, Alessandro Riceci, Claudio Santamaria, Giulia Weber) come intermediario abilitato dei diritti connessi video spettanti agli artisti interpreti.

[20] Cfr. pag. 1 del Codice Etico del Nuovo IMAIE

[21]  “Il rispetto delle leggi e delle norme nazionali, comunitarie ed internazionaliè un valore fondamentale ed imprescindibile per Nuovo IMAIE”:cfr. pag. 2 del Codice Etico del Nuovo IMAIE.

[22] Cfr. pag. 30 art. 9, Codice Etico – 9.1. Finalità del Codice Etico del Modello di organizzazione, gestione e controllo di Nuovo IMAIE.

[23] Cfr. pag. 2 del Codice Etico del Nuovo IMAIE

[24] Cfr. pag. 31 art. 10, Il Sistema Disciplinare – 10.1. Principi generali del Modello di organizzazione, gestione e controllo di Nuovo IMAIE.

[25] Cfr. pag. 3 del Codice Etico del Nuovo IMAIE.

[26] È illegittimo perché non ha rispettato la procedura prevista per l’assegnazione del beneficio.

[27] È illecito perché contrario a norme imperative (norma penale: dichiarare il falso è reato).

[28] Pag. 11 del Codice Etico del Nuovo IMAIE

[29]13. L’Organismo di Vigilanza: A mente di quanto previsto dal Decreto, ai fini dellefficace attuazione del Modello Organizzativo, nonché della sua idoneità a prevenire la commissione dei reati considerati, assume particolare rilevanza lOrganismo di Vigilanza (di seguito, anche solo OdV) nominato dal Consiglio di Amministrazione”. Così anche: “13.4. I compiti ed i poteri dellOrganismo di Vigilanza: Spettano allOdV i seguenti compiti: la vigilanza sulladeguatezza del Modello Organizzativo, intesa quale idoneità a prevenire la commissione di comportamenti illeciti ovvero ad evidenziarne leventuale realizzazione” (cfr. pag. 35 par. 13 e 14, Organismo di Vigilanza del Modello di organizzazione, gestione e controllo di Nuovo IMAIE).

[30]  “13.9. I profili di responsabilità dei componenti dellOrganismo di Vigilanza

In capo ai membri dellOdV è configurabile anche una responsabilità contrattuale sotto il profilo della culpa in vigilando o comunque della negligenza eventualmente riscontrata nelladempimento dellincarico” (cfr. Modello di organizzazione, gestione e controllo di Nuovo IMAIE).

[31]Gli Amministratori sono responsabili della Relazione di Trasparenza ex art. 28 del D.Lgs. n. 35/2017” (sottolineato da EY S.p.A. società di revisione – relazione del 31 dicembre 2023).

[32] Articolo 9 – Decadenza da Associato: “…b) per esclusione, la quale può essere pronunciata dal Consiglio di Amministrazione nei confronti dellAssociato per i gravi motivi di cui allarticolo 24 del codice civile ovvero dal Modello Organizzativo di Gestione e Controllo e Codice Etico. Contro lesclusione è ammesso il ricorso al  Collegio dei Probiviri entro 30 (trenta) giorni dalla data del ricevimento della relativa comunicazione…”.

[33] Art. 24, comma 3, c.c.: “…L’esclusione d’un associato non può essere deliberata dall’assemblea che per gravi motivi…”.

[34] La Costituzione repubblicana protegge i diritti dell’individuo all’interno dell’associazione e impone di riconoscere “limiti alle prerogative dellorgano amministrativo” i quali valgono “ad impedire linstaurazione, ad opera dello statuto, di una organizzazione autoritaria” (GALGANO Francesco, Delle associazioni non riconosciute e dei comitati. Art. 36-42, in Commentario del Codice Civile a cura di Scialoja e Branca, Zanichelli, Torino, 1969, pag. 35).

[35] Il principio è esteso, in via analogica, a quelle non riconosciute (cfr. CASS. I SEZ. CIV., 03.04.1978, n. 1498 e, 04.02.1993, n. 1408); sull’applicazione diretta o analogica delle norme dettate in materia di associazioni riconosciute anche alle associazioni non riconosciute (cfr. ex multis BIANCA Cesare Massimo, Diritto civile, Le norme giuridiche e i soggetti, Giuffrè, Milano, 2002, pag. 381 e 389).

[36] GALGANO Francesco, Trattato di diritto civile, Vol. I, Cedam, Padova, 2015, pag. 278.

[37] RESCIGNO Pietro, Il controllo democratico dei sindacati, in Persona e Comunità, I, Padova, 1988, pag. 231.

[38] BIANCA Cesare Massimo, opera citata, pag. 389.

[39] TORRENTE Andrea – SCHLESINGER Pietro, Manuale di diritto privato, Giuffrè, Milano, 2017, pag. 164.

[40] BIANCA Cesare Massimo, opera citata, pag. 389.

[41] Art. 23 c.c.: “Le deliberazioni dell’assemblea contrarie alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto possono essere annullate su istanza degli organi dell’ente, di qualunque associato o del pubblico ministero”.

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