Feste di piazza e rumori molesti: risarcimento danni?

Sono frequenti, soprattutto d’estate, i concerti e le manifestazioni organizzate dai Comuni nelle piazze delle proprie città, nell’ambito di programmazioni volte sia ad attirare turisti che a soddisfare le aspettative dei concittadini.

Tali eventi spesso si prolungano fino a tarda notte, intaccando il buon diritto degli abitanti di godere della quiete notturna e della proprietà privata.

È necessario quindi individuare il giusto bilanciamento tra l’esigenza pubblica e quella privata che, non avendo trovato, nel caso del Comune di Albissola Marina e un paio di suoi cittadini, una soluzione bonaria, ha portato a decidere, in ultima istanza, la Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile, con l’ordinanza n. 18676/2024.

Il Comune ligure organizzava, nel periodo estivo, manifestazioni culturali che si svolgevano in Piazza della Concordia.

Alcuni residenti e proprietari di immobili ivi presenti si lamentavano sia per i rumori dovuti l’allestimento del palco che per la successiva messa in scena degli spettacoli, che si protraevano fino a notte fonda, asserendo il superamento della normale tollerabilità del rumore.

Tutto ciò determinava – a loro dire – la violazione del diritto di godimento degli appartamenti di proprietà, destinati a residenza estiva.

I privati citavano il Comune di Albissola Marina dinanzi al locale Tribunale, chiedendo al Giudice adito di accertare che gli spettacoli producevano immissioni sonore intollerabili e conseguentemente ottenere il risarcimento dei danni subiti.

Il Tribunale disponeva una consulenza tecnica, dalla quale emergeva che, in effetti, quei rumori superavano la soglia legale dei decibel consentiti, e dunque, riconosceva in via equitativa la somma di Euro mille a favore di ciascun attore, a titolo di risarcimento danni.

Il Comune di Albissola Marina impugnava la sentenza e i due convenuti, a loro volta, si costituivano spiegando appello incidentale, perché ritenevano non adeguato l’importo liquidato.

La Corte d’Appello dava ragione agli appellati, incrementando l’entità del risarcimento da Euro mille a Euro tremila ciascuno, considerando che lo stesso sarebbe dovuto essere integrale, ossia non limitato a quei giorni in cui i ricorrenti avrebbero utilizzato l’immobile come residenza estiva, ma esteso all’intera durata delle manifestazioni organizzate dal Comune, anche cioè a quei giorni in cui i gli stessi non avrebbero ivi soggiornato, perché la presenza di rumori e immissioni oltre la normale tollerabilità rendeva di fatto l’immobile inutilizzabile.

Avverso la decisione della Corte di Appello, il Comune ligure proponeva ricorso in Cassazione, per le seguenti motivazioni:

– il consulente tecnico d’ufficio (CTU) avrebbe erroneamente applicato il D.P.C.M. del 19971, relativo alle attività produttive e non alle manifestazioni culturali;

– esisteva un regolamento comunale del 2004, che consentiva limiti di rumore fino a 70 decibel per eventi all’aperto;

– la decisione del Tribunale non avrebbe considerato l’interesse pubblico nello svolgimento delle manifestazioni.

Si precisa che, in Italia, la disciplina dei limiti massimi da non superare per le immissioni di rumore nelle abitazioni è regolata dal D.P.C.M. 14.11.1997, rubricato “Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore”, che è la normativa applicata negli accertamenti di ASL o ARPA.

La prassi giurisprudenziale, secondo la quale il criterio comparativo di non oltre 3 decibel sul rumore di fondo, è comunemente fatta propria dai Consulenti Tecnici d’Ufficio, nell’ambito dei giudizi di accertamento e di risarcimento danni.

In entrambi i casi, è di 3 decibel la differenza massima tollerata e quindi da non superare.

Se il limite è – come è – lo stesso, differente risulta tuttavia essere il modo di misurare questi 3 decibel per stabilire che siano stati oltrepassati.

La prima norma, quella applicata dall’ASL e dall’ARPA, prescrive di riferirsi al livello sonoro medio.

Per converso la seconda regola, quella di matrice giurisprudenziale, indica quale parametro il “rumore di fondo”, ossia il valore medio dei minimi, che chiaramente è inferiore al valore medio assoluto.

Ciò significa che il limite massimo dei 3 decibel, nel primo caso (ASL – ARPA) fissa in un punto più alto, la soglia dei 3 decibel, rispetto a quello previsto, nel secondo caso, dall’elaborazione giurisprudenziale.

In breve, lo stesso identico rumore, in ragione del diverso criterio adoperato, è considerato tollerabile da parte dell’ASL/ARPA e non da parte del CTU del Tribunale che si attenga all’orientamento dei giudici.

Tra l’altro, qualora il tecnico dell’ASL/ARPA dichiari che il valore ecceda i limiti prescritti dal D.P.C.M. è tenuto a comunicarlo al Sindaco2 territorialmente competente, il quale, a sua volta, emetterà un’ordinanza che vieta il protrarsi dell’azione di disturbo3.

Tornando al caso di specie, e alla decisione della Core di Cassazione, quest’ultima ha rigettato il ricorso promosso del Comune che proponeva due eccezioni

La prima, secondo la quale il CTU avrebbe erroneamente posto alla base delle sue valutazioni, le immissioni di cui al D.P.C.M. del 1997, senza tener conto tuttavia che tale provvedimento è relativo alle attività produttive, commerciali e professionali, e tra queste non rientrerebbe lo svolgimento di manifestazioni culturali e di spettacoli. Ciò a fronte della circostanza che comunque era in vigore il regolamento comunale delle attività rumorose del 2004, che consentiva, in occasione delle manifestazioni e degli spettacoli all’aperto, di arrivare fino al limite di 70 decibel.

Altra eccezione atteneva alla liquidazione del danno, secondo il Comune erroneamente calcolata secondo equità.

La Corte di Cassazione ha disatteso tutte le censure.

Ha affermato infatti che i limiti posti dai regolamenti comunali sono puramente indicativi in quanto anche le immissioni che rientrino in quegli standard sono da qualificarsi intollerabili o meno, in relazione alla situazione concreta, ossia, prendendo in esame i luoghi, gli orari, le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti4 ed è quello che ha fatto il consulente d’ufficio (Cass. n. 28201/2018).

Inoltre, richiamava una sua precedente pronuncia (Cass. n. 14209/2023) secondo cui, in un caso analogo, l’Ente pubblico “è responsabile dei danni conseguenti alla lesione dei diritti soggettivi dei privati, cagionati da immissioni provenienti da aree pubbliche, potendo conseguentemente essere condannato al risarcimento del danno, così come al facere necessario a ricondurre le dette immissioni al di sotto della soglia della normale tollerabilità, dal momento che tali domande non investono – di per sé – atti autoritativi e discrezionali, bensì un’attività materiale soggetta al richiamato principio del neminem laedere.5

Inammissibile, il motivo secondo il quale non sarebbe stato tenuto in alcuna considerazione l’interesse pubblico allo svolgimento di tali manifestazioni, interesse che avrebbe potuto consentire la deroga al limite di tollerabilità delle emissioni.

La Corte ha – al contrario – affermato che il giudice di merito ha esaminato l’interesse pubblico, arrivando alla conclusione che lo stesso non può giustificare il sacrificio del diritto del privato oltre la normale tollerabilità.

Precisando che, l’apprezzamento circa la tollerabilità delle immissioni, soglia oltre la quale sicuro non è tutelato l’interesse pubblico, è rimessa al giudice di merito ed è incensurabile in Cassazione.

La seconda censura riguardava la liquidazione del danno, perché ritenuto erroneamente sussistente e perché liquidato equitativamente.

Il modo in cui è stata proposta detto motivo di gravame, è stato valutato insufficiente, in quanto non si adduceva alcuna ragione a sostegno, né tanto meno venivano indicati i criteri reputati validi per una quantificazione corretta, nel caso di specie.

La Corte di legittimità ha poi rigettato la contestazione della prova e della stima del danno, perché avanzata “senza indicare quali criteri legali sarebbero stati in concreto violati e in che termini.

Allo stesso modo, ha ritenuto che la questione dell’omesso esame di un fatto decisivo e controverso (non avere tenuto in considerazione l’interesse pubblico allo svolgimento di manifestazioni), fosse stata oggetto di esame dal giudice di appello e che la valutazione della prevalenza dell’interesse pubblico all’evento o di quello privato a non subire immissioni oltre la soglia di tolleranza, fosse riservata al giudice di merito e non sottoponibile al sindacato di legittimità.

Già un anno prima, la Corte di Cassazione6 aveva precisato che “la P.A. stessa, è tenuta a osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni e, quindi, il principio del neminem laedere, con ciò potendo essere condannata sia al risarcimento del danno (artt. 2043 e 2059 c.c.) patito dal privato in conseguenza delle immissioni nocive che abbiano comportato la lesione di quei diritti, sia la condanna ad un facere, al fine di riportare le immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità, non investendo una tale domanda, di per sé, scelte ed atti autoritativi, ma, per l’appunto, un’attività soggetta al principio del neminem laedere (tra le più recenti: Cass., S.U. n. 21993/2020; Cass. S.U. n. 25578/2020; Cass. S.U. n. 23436/2022; Cass. S.U. n. 27175/2022; Cass. S.U. n. 5668/2023)”.

In particolare, quest’ultima pronuncia a Sezioni Unite, in relazione al conflitto di giurisdizione7, ha dichiarato la giurisdizione del Giudice Ordinario quando il diritto posto a base della domanda giudiziale è quello della salute che, costituzionalmente protetto, non ammette compromissioni.

Il fatto poi che il danno sia frutto di un comportamento della P.A., conforme a provvedimenti emessi dalla stessa autorità amministrativa, non può tradursi in un affievolimento dei diritti fondamentali di terzi,ma incide sul contenuto del provvedimento del Giudice Ordinario.

In altre parole, se dalla condotta lesiva derivi un comportamento non conforme ai provvedimenti amministrativi autorizzativi, il Giudice può inibire detta attività e ricondurla alla conformità degli atti8; se, invece, la condotta lesiva derivi da un comportamento conforme ai provvedimenti autorizzativi, il Giudice deve disapplicare l’atto e ordinare la cessazione dell’attività o il suo adeguamento così da evitare ulteriori conseguenze dannose.

Nelle controversie, che hanno per oggetto la tutela del diritto alla salute, non opera la posizione di preminenza della funzione della pubblica amministrazione, la quale risulta priva, al riguardo, di qualunque potere di affievolimento di un diritto soggettivo valutato come fondamentale e assoluto dall’ordinamento9.

Non vale il richiamo alla posizione di preminenza della funzione della pubblica amministrazione, la quale è priva di qualunque potere di affievolimento di un diritto soggettivo valutato come fondamentale e assoluto dall’ordinamento10.

A fondamento della domanda, quindi, sta una pretesa che si basa sulla tutela di un diritto fondamentale – quello, appunto, alla salute – che, non tollerando compressioni neppure da parte dei pubblici poteri, mantiene sempre la sua natura di diritto soggettivo, non degradabile ad interesse legittimo, con conseguente devoluzione della causa alla giurisdizione del giudice ordinario11.

La materia dei rumori molesti trova la sua disciplina nell’articolo 844 del Codice Civile, che sancisce l’impossibilità di impedire immissioni altrui (una sorta di principio di tolleranza per i vicini tra i fondi) salvo nel caso in cui i rumori superino la “normale tollerabilità”, rimettendo all’Autorità Giudiziaria di contemperare le esigenze di produzione di tali “immissioni” con le ragioni della proprietà.

S’intende, per queste ultime, il diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria casa di abitazione, tutelato anche dall’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita12.

La norma citata non specifica la soglia di tollerabilità consentita per le “immissioni rumorose”, come sottolineato dalla procuncia della Suprema Corte n. 21649/202113.

L’articolo 844 del Codice Civile affida al giudice il compito di individuare, nel caso concreto, il significato da attribuire a tale locuzione così ampia e generica, dal momento che la soglia di normale tollerabilità dell’immissione rumorosa non ha carattere assoluto, ma dipende dalla situazione ambientale, dalle caratteristiche della zona e dalle abitudini degli abitanti, tutelando il diritto al riposo, alla serenità e all’equilibrio della mente, nonché alla vivibilità dell’abitazione che il rumore e il frastuono mette a repentaglio.

Pertanto, “il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante della zona, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo), per cui la valutazione diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita alla situazione locale, appropriatamente e globalmente considerata (Cass. n. 17051/2011; Cass. n. 3438/2010)14.

Occorre a tal fine considerare il complesso di suoni, di origine varia spesso non identificabile, continui e caratteristici della zona sui quali si innestano di volta in volta rumori più intensi (prodotti da voci, veicoli, eccetera), tutti elementi che devono essere valutati in modo obiettivo in relazione alla reattività dell’uomo medio, prescindendo da considerazioni attinenti alle singole persone interessate dalle immissioni (condizioni fisiche o psichiche, assuefazione o meno alla rumorosità; cfr. Cass. n. 38/1976)15.

Solo con il D.P.C.M. 14.19.1997 sulla “Determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici”(in vigore dal 20.02.1998)16, sono stati introdotti dei parametri17.

Le immissioni intollerabili possono essere quindi fonte di danno risarcibile.

Nel 2002, l’ Unione Europea ha emanato, a livello comunitario, la Direttiva 2002/49/CE che avrebbe imposto agli stati membri l’adeguamento in materia di determinazione e gestione del rumore ambientale, con norme riguardanti anche la protezione dell’ambiente abitativo e la definizione dei requisiti acustici degli edifici.

Con Decreto Legislativo n. 194 del 19.08.2005 è stata data attuazione alla detta Direttiva18.

Dal 31 dicembre 2011, la norma UNI 1136719 prevede che tutti gli edifici di nuova costruzione, oppure chi vorrà vendere o locare un immobile a fini abitativi, dovrà munire il proprio appartamento della specifica certificazione acustica.

Tale certificazione non è attualmente obbligatoria per le abitazioni, ma, nel caso di contenzioso, il rispetto delle dette prescrizioni in materia di isolamento acustico sarebbe determinante ai fini della qualificazione di tollerabilità o meno delle immissioni sonore.


1 Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 novembre 1997 (in Gazzetta Ufficiale – Serie generale n. 280 del 01.12.1997) – Determinazione dei vari limite delle sorgenti sonore.

2 È il Comune che autorizza le manifestazioni temporanee e rilascia eventuali deroghe ai limiti di emissione e di immissione acustica previsti dal DPCM 14.11.1997 ed attribuiti nel Piano Comunale di Classificazione Acustica (PCCA) alle zone in cui sono ubicate.

Ai sensi della Legge 447 del 26.10.1995 e della LRT 89/1998, i Comuni sono tenuti ad adottare il regolamento delle attività rumorose nel quale tra l’altro vengono indicate le tipologie delle deroghe, le modalità di presentazione delle richieste nonché richiamati i limiti di emissione, gli orari, i tempi, i requisiti e le condizioni indicati nel DPRGT 2/R del 2014. Le autorizzazioni in deroga vengono rilasciate dal Comune acquisendo, quando previsto dal DPRGT 2/R del 2014, il parere dell’Azienda Sanitaria territorialmente competente.

3 https://www.rsambiente.it/verifica-rumori-molesti-e-normale-tollerabilita/

4 Cass. n. 28201/2018.

5 cfr. Cass. n. 14209/2023: due coniugi di Brescia convennero in giudizio il Comune deducendone la responsabilità per le immissioni di rumore nella propria abitazione, sita nella via (omissis) nel quartiere (omissis) prodotte dagli avventori degli esercizi commerciali ivi ubicati, i quali, nelle sere di fine settimana del periodo estivo, si trattenevano in strada recando disturbo alla quiete pubblica anche ben oltre l’orario di chiusura degli stessi. A tal fine, gli attori chiesero che fosse accertata l’intollerabilità delle immissioni provenienti da detta strada comunale e, quindi, venisse condannato il Comune di (omissis) ex art. 844 c.c., “alla cessazione delle predette immissioni medesime”, nonché al risarcimento dei danni patrimoniale e non patrimoniali patiti” (cfr. sentenza, pag. 1).

6 cfr. Cass. n. 14209/ 2023.

7 Il Codice dell’Ambiente di cui al decreto legislativo n. 152/2006, in caso di tutela risarcitoria, stabilisce che sono devolute al G.A. le controversie che i soggetti, titolari di un interesse alla tutela ambientale (articolo 310 D.Lgs. n. 152/2006), impugnano provvedimenti amministrativi adottati dal Ministero dell’ambiente per la precauzione, la prevenzione e il ripristino ambientale.

Mentre, sono devolute al G.O. le cause risarcitorie o inibitorie promosse da soggetti che abbiano subito pregiudizio alla salute o alla proprietà proveniente da un fatto produttivo del danno ambientale (articolo 313, comma 7, D.Lgs. n. 152/2006).

8 Cass. n. 21993/2020.

9 cfr. Cass. n. 23735/2006; Cass. n. 8092/2020.

10 cfr. Cass. SS.UU. n. 23735/2006.

11 cfr. Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con l’ordinanza n. 5668 del 23.02.2023.

12 “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza”.

13 La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 21649 del 28 luglio 2021, ha indicato il criterio di valutazione delle immissioni e le conseguenze risarcitorie derivanti dal superamento della soglia di tollerabilità.

14 cfr. Cass. civ., sez. II, 5 novembre 2018, n. 28201.

15 cfr. Cass. civ., sez. II, 5 novembre 2018, n. 28201.

16 In linea teorica, gli edifici costruiti dopo il 1997 avrebbero dovuto rispettare i limiti imposti dal D.P.C.M. del 05.12.1997, mentre gli edifici costruiti prima avrebbero dovuto basarsi sui valori di riferimento delle Circolari ministeriali del 1966 (per gli edifici) e del 1967 (per gli edifici scolastici).

17 All’articolo 4 si prevede che i valori limite di immissione sono: 5 dB per il periodo diurno e 3 dB per il periodo notturno, all’interno degli ambienti abitativi e che ogni effetto del  rumore è da ritenersi trascurabile: a) se il rumore misurato a finestre aperte sia inferiore a 50 dB(A) durante il periodo diurno (tra le ore 6 e le 22) e 40 dB(A) durante il periodo notturno; b) se il livello del rumore ambientale misurato a finestre chiuse sia inferiore a 35 dB(A) durante il periodo diurno e 25 dB(A) durante il periodo notturno. 

18 Detto Decreto definisce le competenze e le procedure per l’elaborazione della mappatura acustica e delle mappe acustiche strategiche di cui all’art. 3, e per l’elaborazione e l’adozione dei piani di azione di cui all’art. 4, volti ad evitare e a ridurre il rumore ambientale laddove necessario, in particolare, quando i livelli di esposizione possono avere effetti nocivi per la salute umana, nonché ad evitare aumenti del rumore nelle zone silenziose.

Tale decreto assicura inoltre l’informazione e la partecipazione dl pubblico in merito al rumore ambientale ed ai relativi effetti.La direttiva comunitaria e quindi il d.lgs. 194/2005 si applicano agli agglomerati urbani con più di 250.000 abitanti (primo livello) e 100.000 abitanti (secondo livello) e ai cosiddetti assi infrastrutturali “principali”, caratterizzati da volumi di traffico (aereo, ferroviario, stradale) oltre un certo limite (tabella 1) mentre la normativa italiana si applica indistintamente a tutte le sorgenti sonore.Per pianificazione acustica di un agglomerato urbano (ai sensi del d.lgs. 194/2005) si intende il controllo dell’inquinamento acustico attraverso attività di programmazione quali: la classificazione acustica; la pianificazione territoriale; l’ingegneria dei sistemi per il traffico; la pianificazione dei trasporti; l’attenuazione del rumore mediante tecniche di insonorizzazione; il controllo delle emissioni acustiche alla sorgente.

19 La norma stabilisce inoltre una classificazione acustica per ognuno dei requisiti e una valutazione complessiva per l’intera unità immobiliare. La UNI 11367:2023 ha sostituito la UNI 11367:2010.

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