Concorso UPP e abuso del potere discrezionale: principio di trasparenza ed effettività della tutela

Introduzione

Quella che Filippo Turati definiva “casa di vetro” non era un semplice obiettivo da raggiungere ma una vera e propria strategia strutturale e funzionale per arginare, il più possibile, il fenomeno della corruzione anche nelle sue forme più blande e silenti.

La casa di vetro è divenuta un principio, la trasparenza, che deve orientare ogni metodologia organizzativa e ogni azione della P.A., al fine di coniugare la legalità e quindi l’imparzialità all’efficacia e all’efficienza dell’agire pubblico. In tale contesto è chiaro che quanto sta accadendo in relazione alla pubblicazione (monca) della graduatoria vincitori del concorso 3.946 addetti all’Ufficio per il Processo, avvenuta lo scorso 14 Giugno, suscita particolare sgomento, non solo nei confronti dei “candidati fantasmi” che cercano risposte tirando a sorte o applicando tecniche di probabilità statistica, ma anche e soprattutto nei confronti dell’essenza stessa del concorso pubblico: la pubblicità.

Ecco allora che si chiede se la pubblicità sia un principio e un obbligo predeterminabile e differenziabile in base ad una fase specifica del concorso pubblico oppure se non rappresenti invece una modalità di organizzazione e di azione che non possa mai essere bypassata né realizzata a mezza via. Basti riflettere in punto di funzionalità per capire che la risposta appare ovvia.

La pubblicità è l’essenza del concorso pubblico perché posta a garanzia della legalità, dell’imparzialità, del buon andamento della P.A. e della tutela effettiva delle situazioni giuridiche dei partecipanti al concorso, in ultima istanza del diritto di difesa.

I principi che governano il concorso pubblico

Il concorso pubblico, prima di essere la modalità generale, principale, preferenziale di selezione del personale da parte della P.A. (intesa a geometrie variabili, in coerenza con la rilevanza del concetto di amministrazione in senso oggettivo), è base per un principio generale di organizzazione, con riferimento precipuo alla selezione, e di azione, con riferimento alla modalità di espletamento della procedura.

Il principio viene espresso nell’art. 97 della Costituzione e non è un caso che sia stato strutturalmente connesso ai principi di imparzialità e buon andamento, anch’essi tutelati dallo stesso articolo.

Infatti, il concorso pubblico è strumentale alla realizzazione in concreto del principio di imparzialità e del buon andamento che, con riferimento alle procedure selettive del personale, assumono il significato di garantire l’equità nella scelta dei più meritevoli. Ecco allora che, per garantire l’equità nella scelta dei più meritevoli, è necessario che la scelta, per l’appunto, avvenga senza discriminazioni, in coerenza con i risultati verificati, in coincidenza con i criteri enunciati in fase di emissione del bando concorsuale. Ne consegue che diventa quasi fisiologico assicurare la pubblicità di ogni fase concorsuale. Contrariamente, verrebbe meno il senso logico-giuridico del principio stesso. Assicurare il rispetto del principio della pubblicità concorsuale vuol dire, in concreto, rendere trasparenti i risultati ottenuti.

Conseguenza logica e giuridica è che si debba stilare una graduatoria dei partecipanti effettivi e indicare il punteggio ottenuto dagli stessi, sulla base delle prove affrontate, secondo i criteri stabiliti in sede di emissione del bando. Solo in questo modo, è possibile avere piena ed effettiva cognizione del corretto espletamento della procedura, perché unicamente con la pubblicazione di tutti i risultati ottenuti è possibile avere conoscenza della posizione ricoperta all’interno della graduatoria.

Ciò, ovviamente, non deve tradursi nell’affermazione erronea secondo cui sussista, per i non vincitori, un diritto all’assunzione. Come noto, la posizione degli idonei non vincitori è di interesse legittimo pretensivo, dal momento che rientra nel potere discrezionale della P.A. decidere se effettuare o meno scorrimenti in funzione della realizzazione del pubblico interesse. Ma, con riferimento al rispetto del principio di pubblicità, la P.A. che tipo di potere esercita?

Concorso UPP: procedura attuata in violazione del principio di trasparenza e dell’effettività della tutela

Orbene, costituendo la pubblicità un principio costituzionale dal quale discende un obbligo per la P.A., non tanto con riferimento alla scelta se effettuare o meno una selezione tramite concorso pubblico, in quanto, come si è già detto, la P.A. può accedere ad altre tipologie di selezione, per giusti motivi, ma soprattutto con riferimento alla modalità di realizzazione del concorso pubblico stesso, ne consegue che la P.A. non abbia alcun margine di scelta.

In relazione alla pubblicità del concorso come metodo procedurale, la P.A. esercita un potere vincolato a cui non può e non deve sottrarsi, al fine di garantire il perseguimento della corretta selezione procedurale secondo i parametri dell’imparzialità e del buon andamento.

Ecco allora che la graduatoria deve essere pubblica non solo materialmente ma soprattutto sostanzialmente. Sul punto sta destando particolare clamore la pubblicazione degli elenchi contenenti i soli candidati risultanti vincitori con riferimento al concorso 3.946 addetti all’Ufficio per il processo, avvenuta lo scorso 14 Giugno.

A seguito dei malumori suscitati nei candidati idonei non vincitori, FORMEZ, istituto organizzatore, in house alla Presidenza del Consiglio – Dipartimento della Funzione pubblica, ha provveduto a pubblicare, sul proprio sito, un chiarimento sulla correttezza della scelta effettuata.

In particolare, richiama una risposta che l’ANAC ha fornito, in sede di FAQ, con riferimento a tale modalità di pubblicazione che confermerebbe la legittimità della stessa perché in linea con l’art. 19 comma 1 del Decreto legislativo n. 33/2013 (“decreto trasparenza”), così come modificato nel 2023, il quale recita: “Fermi restando gli altri obblighi di pubblicità legale, le pubbliche amministrazioni pubblicano i bandi di concorso per il reclutamento, a qualsiasi titolo, di personale presso l’amministrazione, nonché i criteri di valutazione della Commissione (le tracce delle prove e le graduatorie finali, aggiornate con l’eventuale scorrimento degli idonei non vincitori)”. A ciò si raccorda il comma 2 che afferma testualmente “Le pubbliche amministrazioni pubblicano e tengono costantemente (aggiornati i dati di cui al comma 1)”.

Pertanto, secondo il disposto di tale norma, la P.A. avrebbe la facoltà di decidere se pubblicare o meno la graduatoria nella sua interezza in sede di prima assegnazione, mentre sarebbe obbligata a farlo ad ogni eventuale e successivo scorrimento.

A ben vedere però la norma chiarisce che devono comunque essere rispettati gli altri obblighi di pubblicità legale e che, con riferimento alla questione di cui trattasi, afferma che la P.A. è tenuta a pubblicare la graduatoria finale e che questa deve essere aggiornata con lo scorrimento degli idonei non vincitori.

Da tale disposizione non può farsi discendere la base giuridica per legittimare la scelta di non procedere alla pubblicazione integrale della graduatoria, perché semplicemente la norma non lo prevede. Infatti, nella norma richiamata, non si legge che la P.A. è tenuta a pubblicare la graduatoria dei vincitori e poi eventualmente procedere a successive integrazioni in base ad eventuali scorrimenti, ma piuttosto che la graduatoria, per come stilata in via definitiva, deve essere pubblicata e aggiornata se si dovesse procedere a scorrimenti.

Ciò si traduce nel dovere che ha la P.A. di pubblicare la graduatoria nella sua interezza, per come risultante dall’esito delle prove espletate e dai risultati ottenuti di tutti i partecipanti che hanno titolo e interesse o potrebbero avere titolo e interesse ad essere assunti.

Inoltre, pur volendo dare per buona l’interpretazione esternata dal Dipartimento della Funzione pubblica, comunque rimarrebbe la questione della mancata pubblicazione dei dati completi con riferimento agli idonei vincitori, in quanto, nei fatti, non risulta alcuna informazione in merito agli eventuali numeri in riserva e in base a quale titolo.

Vi è unicamente una serie di elenchi con un punteggio decrescente che ad un certo punto subisce impennate e discese continue senza fornire alcuna indicazione idonea a giustificarne l’esito e la posizione.

Pertanto la procedura come espletata mina fortemente sia il principio/obbligo di trasparenza e con esso il principio di legalità (imparzialità), sia il diritto di difesa dei candidati idonei non vincitori con punteggio più alto di quanti risultano vincitori senza alcun riferimento, in spregio all’effettività della tutela.

Si ricordi che, in conformità agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, che sanciscono i principi fondamentali di eguaglianza, buon andamento ed imparzialità, l’art. 35 del Decreto legislativo n. 165/2001 (Testo unico del pubblico impiego – TUPI) detta che “le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti princìpi: a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l’imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all’ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione; b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire”.

Ciò è evidentemente un riferimento normativo espresso ed inequivocabile.

Conclusione

In conclusione, senza aprire un dibattito lungo e pretestuoso sulla natura giuridica delle risposte fornite dall’ANAC, in sede di FAQ, benché queste possano orientare i comportamenti, è sufficiente fare leva sul senso logico-giuridico che il principio di pubblicità assume con riferimento alla concretizzazione dell’imparzialità e del buon andamento della P.A., da una parte, e dell’esercizio del diritto di difesa degli interessati al corretto espletamento della procedura concorsuale, dall’altra.

Non solo l’interpretazione fornita dall’ANAC e fatta propria da FORMEZ, come si è detto, risulta fuorviante sia con riferimento al significato letterale della norma sopra richiamata, che soprattutto in ordine alla ratio della pubblicità concorsuale stessa.

Ad ogni modo, pur volendo concordare con tale soluzione, come si è detto, la procedura violerebbe il principio di pubblicità in quanto, di fatto, non risultano pubblicati i dati relativi ai posti effettivi destinati a riserva e a quale tipo di riserva (es. ECO), costringendo gli idonei non vincitori con punteggio più alto o a sottostare all’incertezza o a intentare azioni giudiziarie economicamente non convenienti per tutti.

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